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DISCORSO DEL SANTO PADRE PAOLO VI
AI DODICIMILA GIOVANI DI AVERSA

Sabato, 23 aprile 1977

 

Carissimi giovani della diocesi di Aversa!

Vi salutiamo unitamente al vostro Pastore, Monsignor Antonio Cece, che non soltanto vi ha accompagnato a Roma, ma con parole vibranti e ricche di calore ha saputo illustrare il significato e le intenzioni spirituali di questo affollato pellegrinaggio.

Vediamo in mezzo a voi, che rappresentate tutti i condiocesani e, su un piano di più ampio simbolismo, la fiorente gioventù della Chiesa, non pochi Capi d’Istituto, Insegnanti e Sacerdoti, ed anche ad essi si rivolge il nostro riverente pensiero, per l’onore che vogliam tributare alla loro alta funzione di educatori.

Perché l’incontro di oggi? Voi l’avete desiderato e ben preparato con la veglia di preghiera, tenuta prima della partenza e, da parte nostra, vi abbiamo volentieri aderito, a voi riservando un po’ del nostro tempo. Ma non è stato solo il vostro numero elevato, né il tono filialmente insistente della richiesta, ma anche e soprattutto il piacere di vedervi e l’opportunità di parlarvi che han reso possibile quest’Udienza.

Singolare ci sembra, infatti, la forma che avete scelto, quest’anno, per celebrare la «Pasqua dello Studente», decidendo di riunirvi nel centro stesso della cristianità, per dare uno speciale rilievo all’adempimento del precetto pasquale e per imprimere all’atto di venerazione e di amore verso Gesù, vivente nel Sacramento del!‘Eucaristia, il senso ulteriore di un’aperta ed esemplare professione della fede. Avete così suddiviso il pellegrinaggio in due fasi: la prima che vi ha portato dinanzi a noi; e la seconda che vi porterà, nel pomeriggio, nella Basilica di San Paolo, l’apostolo che con Pietro è il confondatore di questa Chiesa benedetta, che delle altre Chiese sparse nel mondo è «mater et caput».

Proprio da questi Apostoli «Romani» amiamo ricavare due semplici pensieri, che vi proponiamo mentre vi ringraziamo vivamente della vostra visita, tanto spontanei sono i sentimenti che salgono dal vostro cuore e traspaiono nella luce stessa del vostro sguardo.

Vi diremo con San Pietro di essere sempre «forti nella fede» (1 Petr. 5, 9), che siete venuti a ritemprare presso la sua tomba e dinanzi al suo successore. Premunitevi, dunque, contro i pericoli, cui essa va incontro nel clima di sbandamento morale, che sembra caratterizzare quest’età tormentata; sforzatevi di alimentarla con la riflessione, con lo studio e, soprattutto, con la preghiera; cercate di comunicarla a chi vi è vicino e non di raro dimostra di esserne privo e, forse, la desidera e, magari, tenta e stenta nella ricerca.

Vi diremo con San Paolo di integrare la visione di fede imboccando «la via più eccellente», ch’è quella della carità (1 Cor. 12, 31; 13, 13); e questo vuol dire che bisogna andare oltre il livello delle convinzioni interne e dimostrare, con animosa e luminosa testimonianza di vita, quali siano i frutti che la fede fa maturare: i frutti - egli dice ancora - dell’amore, del gaudio, della pace, della dolcezza, della temperanza (Cfr. Gal. 5, 22).

Vedete, allora, che non arcaica né superata è la lezione che vi è offerta dai due Apostoli: essa serve a confermare i vostri propositi di fedeltà alla vita della grazia, iniziata nel Battesimo ed alimentata dall’Eucaristia. Se così sarà - come noi fervidamente auspichiamo -, più salda sarà la speranza nella nuova gioventù che sale e prepara, com’è suo diritto e dovere, il proprio avvenire.

Cari giovani, la Chiesa guarda a voi con grande fiducia. La sincerità dei vostri animi, la sete di autenticità, che vi è propria e che rifiuta ogni viltà ed ogni compromesso, ci dicono che voi avete l’intelligenza ed il coraggio di fare della vostra vita la testimonianza che Cristo è la nostra salvezza, la salvezza di ogni uomo.

Ben sappiamo infatti che la vostra sete di assoluto non può essere placata dai surrogati di ideologie e di esperienze aberranti. Non lasciatevi ingannare da coloro che vorrebbero introdurre nel vostro cuore ideali diversi o addirittura in contrasto con quelli della vostra fede. Solo in Cristo è la soluzione di tutti i vostri problemi. È lui che libera l’uomo dalle catene del peccato e di ogni schiavitù; è lui la luce che risplende fra le tenebre; è lui «la verità che tanto ci sublima» (DANTE ALIGHIERI, La Divina Commedia, «Paradiso», XXII, 43); è lui che dà alla vita le ragioni per cui vale la pena di vivere, amare, lavorare, soffrire; è lui il nostro sostegno e il nostro conforto.

A voi giovani l’entusiasmante compito di essere portatori di Cristo a questa società sconvolta, oggi più che mai bisognosa di Lui; siate giovani cristiani, veri testimoni del suo insegnamento, e costruirete nella speranza una nuova società ricomposta e fondata sulla civiltà dell’amore. Cesseranno allora i timori e le trepidazioni di questi anni cruciali, e grazie a voi - giovani che qui ci ascoltate e giovani cui giungerà l’eco di questa fidente esortazione - l’umanità ritroverà la strada del progresso, della serenità, della gioia di vivere.

Tornando nella vostra nobile Terra Campana, riferite queste nostre parole, a mo’ di messaggio pasquale, ai vostri condiscepoli ed amici, ed in particolar modo a quelli che hanno subito o stanno subendo l’amara delusione di ideologie che per loro natura portano all’odio, alla violenza, alla disgregazione sociale. A tutti dite: Cristo è la vera salvezza del mondo; Cristo è la vera speranza dell’umanità.

Di cuore tutti vi benediciamo.

                           



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