Index   Back Top Print

[ IT ]

ENCICLICA
VIX DUM A NOBIS
DEL SOMMO PONTEFICE
PIO IX

 

Ai Diletti Figli Cardinali della Santa Romana Chiesa e ai Venerabili Fratelli Arcivescovi e Vescovi dell’Impero Austriaco.
Il Papa Pio IX. Diletti Figli Nostri e Venerabili Fratelli, salute e Apostolica Benedizione.

Avevamo appena denunciato al mondo cattolico con la lettera del 24 novembre [in realtà: 21 novembre] dell’anno scorso la grande persecuzione scatenata specialmente in Prussia e in Svizzera contro la Chiesa di Dio, quando una nuova preoccupazione si è aggiunta al Nostro dolore con le notizie pervenuteci circa le violenze che incombono sulla stessa Chiesa, la quale, fatta simile allo Sposo divino, può giustamente lamentarsi con le parole del profeta: “Aggiungono dolore alle mie ferite” (Sal 69,27). Queste violenze tanto più Ci angosciano in quanto provengono dal Governo di quella Nazione Austriaca, che nei momenti più critici per la Cristianità aveva già combattuto con valore, strettamente unita alla Sede Apostolica, per la fede cattolica.

Infatti già da alcuni anni in codesto Impero sono state emanate leggi e disposizioni assolutamente contrarie ai più sacri diritti della Chiesa e ai patti solennemente sanciti: leggi e disposizioni che nella Nostra Allocuzione ai Venerabili Fratelli Cardinali della Santa Romana Chiesa, tenuta il 22 giugno 1868, abbiamo dovuto, secondo il Nostro ufficio, condannare e dichiarare nulle . Ora poi vengono proposti all’esame e all’approvazione delle Assemblee pubbliche dell’Impero nuove leggi che presentano chiaro l’intento di asservire completamente la Chiesa, con suo gravissimo danno, all’arbitrio del potere civile, contro la divina volontà di Nostro Signore Gesù Cristo.

Il Creatore e Redentore del genere umano fondò la Chiesa come suo regno visibile sulla terra non solo per trasmettere col soprannaturale carisma dell’infallibile magistero la sacra dottrina e per promuovere il culto divino del santo sacerdozio e la santificazione delle anime con il sacrificio e con i sacramenti, ma lo dotò anche di un proprio e pieno potere legislativo, giudiziario ed esecutivo per tutto ciò che riguarda il fine specifico del regno di Dio sulla terra.

Il potere soprannaturale del governo della Chiesa è, per lo stesso volere di Gesù Cristo, del tutto diverso e indipendente dal potere politico. Il regno di Dio sulla terra è il regno di una società perfetta e, come tale, è sostenuto e governato da proprie leggi, da propri diritti, da propri capi che vigilano attentamente, sapendo di dover rendere conto delle anime non ai governanti della società civile, ma a Gesù Cristo, Principe dei pastori, che li ha costituiti pastori e maestri, non soggetti, nell’esercizio del ministero di salvezza, a nessun potere terreno (cf. Eb 13,17; Ef 4,11; 1Pt 5,2). Perciò, come spetta ai Vescovi il dovere di governare, così spetta a tutti i fedeli, secondo l’ammonimento dell’Apostolo, il dovere di ubbidire e di stare sottomessi a loro; e i popoli cattolici hanno il sacrosanto diritto di non essere ostacolati da un governo civile in questo compito, imposto da Dio, di seguire la dottrina, la disciplina e le leggi della Chiesa.

Voi stessi, Diletti Figli Nostri e Venerabili Fratelli, vedete bene come Noi quale grave violazione di questa divina costituzione della Chiesa, quale intollerabile sovvertimento dei diritti della Sede Apostolica, dei Vescovi e del popolo cattolico contengono e apertamente sostengono quelle leggi, che ora sono al vaglio delle Assemblee Austriache.

Secondo tali leggi, infatti, la Chiesa di Gesù Cristo, in quasi tutte le sue disposizioni e attività che riguardano il governo dei fedeli, è considerata e ritenuta completamente soggetta e asservita al potere dell’autorità civile; e ciò è stabilito chiaramente come principio in quell’esposto delle Motivazioni, che spiegano la forza e il senso delle leggi proposte. E si dice anche espressamente che spetta al Governo civile dettare leggi sia in campo politico come in campo ecclesiastico, e vigilare e avere il controllo sulla Chiesa come su tutte le altre società private puramente umane che si trovano entro i confini dell’Impero.

Così il governo civile si arroga il compito sia di arbitrare e sindacare sull’ordinamento e sui diritti della Chiesa cattolica, sia di governarla in parte con le proprie leggi, in parte attraverso ecclesiastici che gli si sono venduti. Ne consegue che il potere terreno con l’arbitrio e la forza si sostituisce al potere sacro nel governo della Chiesa istituita da Dio per il ministero e per l’edificazione del corpo di Cristo. Contro una tale usurpazione del sacro in difesa del diritto e della verità cattolica, risponde il grande Ambrogio: “Si dice che tutto è lecito all’imperatore e che tutto è suo. Rispondo: Non pretendere, come pensi, di avere qualche diritto sulle cose divine; non gonfiarti, ma sii sottomesso a Dio. Sta scritto: a Dio, quello che è di Dio; a Cesare quello che è di Cesare. All’imperatore i palazzi, al sacerdote le Chiese” [S. Ambr., Ep. 20, n. 19].

Per quanto poi riguarda le leggi a cui si riferisce l’esposto delle Motivazioni, benché sembri forse che esse presentino un’apparenza di moderazione se confrontate con le ultime leggi prussiane, in realtà hanno lo stesso fondamento e lo stesso carattere, e causeranno gli stessi danni alla Chiesa Cattolica nell’interno dell’Impero Austriaco.

Non intendiamo riandare passo per passo le singole leggi; ma non possiamo affatto passare sotto silenzio il torto gravissimo che dalla proposta stessa di queste leggi vien fatto a Noi e a questa Sede Apostolica, non meno che a voi, Diletti Figli Nostri e Venerabili Fratelli, e a tutto il popolo Cattolico di codesta Nazione. Infatti la Convenzione stipulata tra Noi e il serenissimo Imperatore nel 1855 [Actor., vol. II, p. 459], garantita con solenne impegno da parte dello stesso Principe cattolico e promulgata a guisa di legge di Stato in tutto l’Impero, viene ora proposta alle Assemblee dell’Impero per essere dichiarata abrogata e nulla quasi in ogni sua parte; e ciò senza nessuna previa trattativa con questa Sede Apostolica, anzi in pieno dispregio delle Nostre giustissime rimostranze. In verità, nei tempi in cui la lealtà pubblica aveva ancora credito, un gesto simile non lo si sarebbe potuto rischiare; ora invece, in questa così triste situazione di cose, non solo si tenta, ma lo si fa. Contro questa violazione di un patto solennemente stipulato, protestiamo nuovamente davanti a voi, Nostri Diletti Figli e Venerabili Fratelli, ma con dolore molto più profondo denunciamo e riproviamo questo torto fatto a tutta la Chiesa in quanto la causa e il pretesto di questa abrogazione del Concordato e delle leggi connesse vengono attribuiti temerariamente alle definizioni della dottrina rivelata dettate dal Concilio Ecumenico Vaticano, e questi stessi dogmi cattolici sono empiamente chiamati innovazioni e stravolgimenti della dottrina della fede e della Costituzione della Chiesa cattolica [Motivorum Expos., p. 25] . Se è vero che nella nazione Austriaca ci sono taluni che sotto la spinta di queste infami menzogne rinnegano la fede cattolica, è anche vero che l’augustissimo Imperatore insieme con i suoi gloriosi Avi e con tutta la famiglia imperiale la conserva e la professa, unitamente alla maggior parte di quel popolo a cui si danno leggi fondate su tali menzogne.

Così, dopo aver rescisso a Nostra insaputa e contro la Nostra volontà la solenne Convenzione che abbiamo stipulata col serenissimo Imperatore per provvedere alla salute delle anime e insieme al bene comune dello Stato, si adduce ora come pretesto una certa qual nuova forma di diritto e si rivendica al Governo civile un nuovo titolo giuridico per poter stabilire e decretare di propria iniziativa ciò che crederà opportuno circa gli affari spirituali ed ecclesiastici.

E questo si compie per riuscire, con l’ausilio delle leggi che ora vengono proposte, a ostacolare e impastoiare, mediante gravose obbligazioni, la inviolabile libertà della Chiesa nella cura delle anime, nel governo dei fedeli, nella formazione religiosa del popolo e dello stesso clero, nel dirigere la vita verso la perfezione evangelica, nell’amministrazione e nella proprietà dei beni; si tenta di ingenerare confusione nella disciplina cattolica, di favorire la defezione dalla Chiesa e di rafforzare, sempre con l’aiuto di quelle leggi, la coalizione e la cospirazione delle sette contro la vera fede di Cristo.

Avremmo tutta la possibilità di ricordarvi quali e quanti mali si dovrebbero temere, se quelle leggi venissero promulgate. Ma un fatto, Diletti Figli Nostri e Venerabili Fratelli, non può ingannare e raggirare la vostra prudenza: cioè, quasi tutti gli uffici e i benefici ecclesiastici, anzi perfino l’esercizio dei doveri pastorali, diventeranno così soggetti al potere civile, che i sacri Vescovi, se si adattassero (che ciò non avvenga!) alle nuove leggi, sarebbero costretti a tenere il governo delle diocesi, di cui dovranno rendere conto a Dio, non più secondo i saggi decreti della Chiesa, ma secondo la volontà e l’arbitrio di coloro che saranno a capo dello Stato.

Che cosa ci sarà poi da aspettarsi da quelle proposte di leggi che passano sotto il titolo di riconoscimento degli ordini religiosi? Decisamente la forza nefasta e l’intento ostile di quelle leggi sono così chiari, che non c’è nessuno che non capisca che sono state pensate e preparate per rovinare e distruggere le famiglie religiose.

Il danno poi che pende sui beni temporali è così grande, che a stento si differenzia da una pubblica confisca e da un saccheggio. Quei beni, se quelle leggi ostili saranno approvate, il Governo civile li avrà in suo potere, crederà di avere il diritto di dividerli, di conferirli e di impoverirli con tasse al punto che il possesso e l’uso che ne rimarrebbero, sarebbero visti non come un decoro, ma come una beffa per la Chiesa e un velo per coprire l’ingiustizia.

Se queste sono le leggi di cui si discute nelle Assemblee dell’Impero Austriaco, e se questi, come abbiamo dimostrato, sono i principi su cui si fondano, vi risultano palesi, Diletti Figli Nostri e Venerabili Fratelli, i pericoli imminenti che incombono sul gregge affidato alla vostra vigilanza. Sono chiamate in causa l’unità e la pace della Chiesa, alla quale si vuole togliere quella libertà che San Tommaso di Canterbury ha saggiamente definito “che è l’anima della Chiesa: senza di essa [la Chiesa] non ha forza né efficacia contro coloro che cercano di impossessarsi ereditariamente del santuario di Dio” [S. Thom. Cantuar., Ep. 75 ad Episc. Angliae]. Questo pensiero è già stato espresso prima da un altro forte difensore della libertà, Sant’Anselmo, con queste parole: “Niente Dio ama tanto in questo mondo, quanto la libertà della sua Chiesa; coloro che vogliono non giovarle, ma dominarla, dimostrano senza dubbio di essere avversari di Dio; Dio vuole che la sua Sposa sia libera, non schiava” [S. Anselm., Epist. 9 ad Balduinum regem]. Perciò vogliamo sempre più incitare e infiammare la vostra sollecitudine pastorale e lo zelo di cui ardete per la casa di Dio, perché vi adoperiate a tenere lontano il pericolo che incombe. Fatevi coraggio e affrontate una lotta degna del vostro valore. Siamo certi che non avrete meno coraggio e meno valore di altri Venerabili Fratelli, che altrove, tra crudeli angherie, sono esposti pubblicamente a insulti e tribolazioni per la libertà della Chiesa, e non solo accettano con gioia di essere spogliati dei propri beni, ma addirittura sostengono in carcere la battaglia dei patimenti (Eb 10,32ss.).

D’altra parte ogni nostra speranza è posta non nelle nostre forze, ma nella potenza di Dio; qui è in gioco la causa di Dio, il quale, con parole che non passeranno, ci ha ammonito e incoraggiato: “Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia: io ho vinto il mondo” (Gv 16,33). Perciò Noi, che per il Nostro ufficio Apostolico, con l’aiuto della grazia divina, siamo stati costituiti come guida in questa lotta così varia e atroce contro la Chiesa, vi annunciamo e promettiamo ciò che disse una volta il Santo Martire di Canterbury con parole che si applicano benissimo alla nostra epoca e al pericolo attuale: “La causa che i nemici della Chiesa muovono contro di noi, è una causa tra loro e Dio, perché noi non chiediamo a loro nient’altro se non ciò che Dio immortale, incarnandosi, ha lasciato per testamento eterno alla sua Chiesa. Nella fede e nella carità di Cristo sorgete insieme a noi in aiuto della Chiesa e con l’autorità e la prudenza che avete, opponetevi agli uomini, che non hanno nessuna possibilità di successo, se la Chiesa di Dio gode di libertà. Contiamo molto su di voi, specialmente perché si tratta della causa di Dio. Quanto a Noi, tenete per certo che siamo disposti ad affrontare la morte temporale piuttosto che continuare a sopportare le angustie di una miserevole schiavitù. Dall’esito di questa controversia dipenderà se la Chiesa in futuro dovrà piangere (che ciò non avvenga!) per continue tribolazioni, o godere di una perenne libertà” [S. Thom. Cant., Ep. 33].

Nel tentativo, che dovete fare, per prevenire con la vostra autorità, prudenza e zelo i pericoli che incombono, voi sapete che nulla sarà più utile e più opportuno quanto riunirvi a consiglio e cercare e decidere insieme le ragioni e le vie più adatte a conseguire con maggior sicurezza ed efficacia lo scopo proposto. Se vengono attaccati i diritti della Chiesa, tocca a voi ergervi frontalmente e opporre un baluardo in difesa della casa di Israele.

La resistenza sarà tanto più forte, e la difesa tanto più valida, quanto più concordi e uniti saranno l’impegno e lo sforzo dei singoli, e con quanta più cura sarà messo in opera il piano d’azione preparato e deciso in vista delle varie emergenze, che potrebbero verificarsi. Perciò nuovamente vi esortiamo a riunirvi quanto prima, a scambiarvi i rispettivi punti di vista e a stabilire un piano sicuro da tutti approvato, con cui, in ragione del vostro ufficio, possiate tutti d’accordo respingere i mali che sovrastano, e difendere la libertà della Chiesa. Era giusto che vi mettessimo al corrente della vicenda, per non dare l’impressione di mancare al Nostro dovere in una situazione così grave. Siamo persuasi infatti che voi, anche senza le Nostre esortazioni, l’avreste fatto spontaneamente. Del resto, non abbiamo ancora perduto completamente la speranza che Dio voglia allontanare per altra via le calamità che si preannunciano. Ci inducono a ben sperare la pietà e la devozione del Nostro Carissimo Figlio in Cristo Francesco Giuseppe, Imperatore e Re. Con l’ultima lettera inviatagli oggi lo abbiamo scongiurato a non permettere mai che nel suo vastissimo impero la Chiesa sia ridotta in schiavitù e i suoi sudditi cattolici messi in gravi difficoltà.

Ma poiché sono molti coloro che attentano alla Chiesa, e ogni lentezza è sempre gravida di pericoli, è assolutamente necessario che non siate inerti. Diriga Dio le vostre decisioni, e con il suo potente aiuto vi assista perché possiate stabilire e portare felicemente a termine soprattutto ciò che riguarda il decoro del suo nome per la salute delle anime.

Come auspicio di questo celeste aiuto e come testimonianza della Nostra benevolenza a voi, tutti e singoli, Diletti Figli Nostri e Venerabili Fratelli, al Clero e ai fedeli affidati alla vostra cura, impartiamo con affetto la Benedizione Apostolica. 

Dato a Roma, presso San Pietro, il 7 marzo 1874, nel ventottesimo anno del nostro Pontificato.

 



Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana