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LETTERA ENCICLICA
GRAVISSIMO OFFICII MUNERE
DEL SOMMO PONTEFICE
PIO X

 

Noi aderiamo oggi a un grave dovere della Nostra carica, dovere assunto nei vostri riguardi allorché annunciammo, dopo la promulgazione della legge di rottura fra la Repubblica Francese e la Chiesa, che avremmo indicato a tempo opportuno ciò che a Noi sarebbe apparso necessario di fare per difendere e conservare la Religione nella vostra patria.

Noi abbiamo lasciato prolungare la vostra attesa non solamente a motivo dell'importanza e della gravità della questione, ma soprattutto per la benevolenza tutta particolare che Ci lega a voi e ai vostri interessi a motivo degli indimenticabili servizi resi alla Chiesa dalla vostra Nazione. Dopo aver condannato, come era Nostro dovere, questa legge iniqua, Noi abbiamo esaminato colla massima cura se gli articoli di detta legge Ci lasciavano qualche mezzo per organizzare la vita religiosa in Francia così da mettere al riparo da ogni rischio i principî sacri sui quali riposa la Santa Chiesa. A questo scopo, Ci è sembrato opportuno di sentire ugualmente il parere dei Vescovi riuniti e di fissare, per la vostra assemblea generale, i punti che dovranno essere l'oggetto principale delle vostre deliberazioni. Ed ora, conoscendo il vostro parere e quello di parecchi Cardinali, dopo aver maturamente riflettuto e pregato ardentemente il Padre delle luci, Noi riteniamo di dover completamente confermare, colla Nostra autorità Apostolica, le deliberazioni quasi unanimi della vostra assemblea.

Per ciò, relativamente alle associazioni culturali, quali la legge impone, Noi decretiamo che esse non possono assolutamente essere costituite senza violare i sacri diritti che tengono alla vita stessa della Chiesa.

Mettendo adunque da parte queste associazioni che la coscienza del Nostro dovere Ci vieta di approvare, potrebbe sembrare opportuno di esaminare se sia lecito di esperimentare al loro posto qualche altro genere di associazioni insieme legali e canoniche e preservare così i cattolici di Francia dalle gravi complicazioni che li minacciano. Di certo nulla Ci preoccupa di più, nulla Ci provoca tanta angoscia, quanto questa eventualità; e piacesse al Cielo di potere avere qualche debole speranza di fare questo esperimento senza urtare i diritti di Dio e liberare i Nostri figli carissimi dal timore di tante e così gravi prove.

Ma poiché questa speranza Ci manca, la legge essendo quella che è, Noi dichiariamo che non è permesso di esperimentare questo altro genere di associazione fino a quando non risulterà in modo certo e legale che la Divina Costituzione della Chiesa, i diritti immutabili del Pontefice Romano e dei Vescovi, così come la loro autorità sui beni necessari alla Chiesa, particolarmente sugli edifici sacri, saranno irrevocabilmente in piena sicurezza in dette associazioni; non possiamo permettere nulla di diverso senza tradire la santità della Nostra carica e senza condurre alla perdizione la Chiesa di Francia. Resta dunque a voi, Venerabili Fratelli, di mettervi all'opera e di valervi di tutti i mezzi che la legge riconosce a tutti i cittadini, per disporre e organizzare il culto religioso. Noi non faremo mai, in cosa così importante e difficile, attendere il Nostro aiuto. Lontani col corpo, Noi saremo con voi nel pensiero e col cuore e vi aiuteremo in ogni occasione coi Nostri consigli e colla Nostra autorità.

Questo fardello che Noi vi imponiamo sotto l'ispirazione del Nostro amore per la Chiesa e per la vostra Patria, sopportatelo coraggiosamente ed affidatevi per il resto alla preveggente bontà di Dio, il cui soccorso al momento opportuno, ne abbiamo la ferma fiducia, non mancherà alla Francia.

Quelle che saranno le recriminazioni dei nemici della Chiesa contro questo presente decreto e i Nostri ordini, è facile prevedere. Si sforzeranno di persuadere il popolo che Noi non abbiamo unicamente di mira la salvezza della Chiesa di Francia; che Noi abbiamo avuto un altro scopo, estraneo alla religione; che la forma della Repubblica Francese Ci è odiosa; che noi aiutiamo gli sforzi dei partiti avversi per rovesciarla; che rifiutiamo ai francesi ciò che la Santa Sede ha accordato ad altri senza difficoltà. Queste recriminazioni ed altre simili che saranno, come appare da certi indizi, diffuse nel pubblico per irritare gli spiriti, Noi le denunciamo fin d'ora con tutta la Nostra indignazione, come false, ed è vostro obbligo, Venerabili Fratelli, come è quello di tutti gli uomini dabbene, di contestarle perché non ingannino le genti semplici e ignoranti.

Per quanto riguarda l'accusa speciale contro la Chiesa, di essere stata, in paese diverso dalla Francia, più accomodante, voi dovete spiegare che la Chiesa ha agito così perché del tutto diversa era la situazione e perché soprattutto le divine attribuzioni della Gerarchia erano in un certo modo salvaguardate. Se uno Stato qualunque si è separato della Chiesa lasciandole però la risorsa della libertà comune a tutti e la libera disponibilità dei suoi beni, ha senza dubbio per più motivi agito ingiustamente; ma non si potrebbe però dire che sia stata fatta alla Chiesa una situazione intollerabile.

Ora oggi in Francia la cosa è tutt'altra; i fabbricatori di questa legge ingiusta hanno voluto fare non una legge di separazione, ma di oppressione. Così essi affermavano il loro desiderio di pace, promettevano l'intesa e fanno alla religione del Paese una guerra atroce, gettano la fiaccola della discordia più violenta, spingono i cittadini gli uni contro gli altri, con grave danno, come ognuno vede, della cosa pubblica stessa.

Certamente essi tenteranno di rigettare su di Noi la colpa di questo conflitto e dei mali che ne saranno la conseguenza. Ma chiunque esaminerà i fatti dei quali Noi abbiamo parlato nell'Enciclica «Vehementer» saprà riconoscere se Noi meritiamo il minimo rimprovero, Noi che dopo avere sopportato pazientemente per amore verso la cara Nazione francese, ingiustizia su ingiustizia, Ci troviamo al limite di dover superare perfino il Nostro dovere Apostolico e dichiariamo che a questo punto non giungeremo; o se piuttosto la colpa appartiene tutta intera a coloro che per odio del nome cattolico sono giunti a tali estremità.

Così dunque gli uomini cattolici di Francia, se vogliono veramente testimoniarCi la loro sottomissione e la loro devozione, lottino per la Chiesa secondo gli avvertimenti che abbiamo già dati loro e cioè con perseveranza e energia, ma senza agire in modo sedizioso e violento. Non è colla violenza, ma colla fermezza, che essi riusciranno, trincerandosi nel loro buon diritto come in una cittadella per stroncare l'ostinazione dei loro nemici; ché essi comprendono, come abbiamo detto e ripetiamo, che i loro sforzi saranno inutili se non saranno uniti in perfetto accordo per la difesa della religione. Essi hanno ora il Nostro verdetto su questa legge nefasta: essi debbono conformarvisi di tutto cuore e, quali siano stati fino ad ora e durante la discussione i pareri degli uni o degli altri, Noi scongiuriamo tutti affinché nessuno si permetta di offendere chicchessia col pretesto che la sua opinione era la migliore. Ciò che possono l'intesa delle volontà e l'unione delle forze, lo apprendano dai loro avversari; e come essi hanno potuto imporre alla Nazione la ferita di questa legge criminale, così i Nostri col loro accordo potranno cancellarla e farla sparire. Se nella dura prova della Francia tutti quelli che vogliono difendere con tutte le loro forze i supremi interessi della patria, lavorano, come debbono, uniti fra loro coi loro Vescovi e con Noi per la causa della religione, lungi dal disperare della salute della Chiesa di Francia, vi è a sperare al contrario che essa sarà fra breve risollevata alla sua dignità e alla sua prosperità di prima. Noi non dubitiamo affatto che i cattolici manchino di darCi intera soddisfazione ubbidendo alle Nostre prescrizioni e ai Nostri desideri; così Noi cercheremo ardentemente di ottenere per loro, con l'intercessione di Maria, la Vergine Immacolata, il soccorso della Divina Bontà.

Come pegno dei doni Celesti e in testimonianza della Nostra paterna benevolenza, Noi accordiamo di gran cuore a voi, Venerabili Fratelli, e a tutta la Nazione francese, la Benedizione Apostolica.

Dato a Roma, presso San Pietro, il 10 agosto, festa di San Lorenzo Martire, dell'anno 1906, IV del Nostro Pontificato.

 

PIO PP. X



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