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PIO XII

LETTERA ENCICLICA

SUMMI MAERORIS(1)

NUOVE PREGHIERE PER LA PACE
E LA CONCORDIA DEI POPOLI

 

Non Ci mancano certamente motivi di sommo dolore e al tempo stesso d'immensa letizia. Da una parte Ci si offre lo spettacolo delle moltitudini che in questo anno giubilare da ogni contrada della terra accorrono a Roma, e quivi rendono un'insigne testimonianza di fede concorde, di fraterna unione, di pietà ardente, in tal numero quale, nel corso dei secoli, questa nobile città, che tanti celeberrimi avvenimenti ha conosciuto finora, non vide mai. E Noi con amorosa sollecitudine accogliamo queste moltitudini senza numero confortandole con paterne esortazioni e proponendo loro nuovi e fulgidi esempi di santità, le richiamiamo, non senza copiosi frutti, sulla via del rinnovamento dei costumi e alla perfezione della vita cristiana.

D'altra parte le presenti condizioni sociali dei popoli si presentano tali al Nostro sguardo da suscitare in Noi le più vive preoccupazioni e ansietà. Molti discutono, scrivono e parlano sul modo di arrivare finalmente alla tanto desiderata pace. Se non che i principi che devono costituire la sua solida base da alcuni sono trascurati, o apertamente ripudiati. Infatti in non pochi paesi non la verità ma la falsità viene presentata sotto una certa veste di ragione; non l'amore, non la carità viene favorita, ma si insinua l'odio e la rivalità piena di livore; non si esalta la concordia dei cittadini, ma si provocano i turbamenti e il disordine. Ma, come i sinceri e benpensanti riconoscono, in questa maniera né si possono giustamente risolvere i problemi che in accese discussioni ancora separano le nazioni, né le classi proletarie possono essere indirizzate, come è necessario, verso un avvenire migliore. L'odio infatti non ha mai generato nulla di buono, nulla la menzogna, nulla i disordini. Occorre senza dubbio sollevare il popolo bisognoso a uno stato degno dell'uomo; ma non con la forza, non con le agitazioni, bensì con giuste leggi. Occorre certamente eliminare al più presto tutte le controversie che dividono e separano i popoli, sotto gli auspici della verità e la guida della giustizia.

Mentre il cielo si offusca di oscure nubi, Noi, che abbiamo sommamente a cuore la libertà, la dignità e la prosperità di tutte le nazioni, non possiamo non ritornare ad esortare caldamente tutti i cittadini e i loro governanti alla pace e alla concordia. Rammentino tutti che cosa apporti la guerra, come purtroppo sappiamo per esperienza: rovine, morte e ogni genere di miseria. Col progredire del tempo la tecnica ha introdotto e apprestato tali armi, micidiali e inumane, che possono sterminare non soltanto gli eserciti e le flotte, non soltanto le città, i paesi e i villaggi, non soltanto gli inestimabili tesori della religione, dell'arte e della cultura, ma persino fanciulli innocenti con le loro madri, gli ammalati e i vecchi indifesi. Tutto ciò che di bello, di buono, di santo ha prodotto il genio umano, tutto o quasi può essere annientato. Se pertanto la guerra, soprattutto oggi, si presenta ad ogni osservatore onesto come qualcosa di sommamente terrificante e letale, è da sperare che - mediante lo sforzo di tutti i buoni e in special modo dei reggitori dei popoli - siano allontanate le oscure e minacciose nubi, che sono tuttora causa di trepidazione, e risplenda alla fine tra le genti la vera pace.

Tuttavia, conoscendo che «ogni buon dato e ogni dono perfetto viene dall'alto, scendendo dal Padre dei lumi » (cf. Gc 1,17), riteniamo opportuno, venerabili fratelli, di indire nuovamente pubbliche preghiere e suppliche per impetrare e conseguire la concordia tra i popoli. Sarà cura del vostro zelo pastorale non solo di esortare le anime a voi affidate a elevare a Dio ferventi preghiere, ma altresì di incitarle a pie opere di penitenza e di espiazione, con cui possa essere soddisfatta e placata la maestà del Signore offesa da tanti gravi delitti pubblici e privati.

E mentre, conforme al vostro ufficio, darete notizia ai fedeli di questo Nostro paterno invito, ricordate loro nuovamente da quali principi scaturisca una giusta e durevole pace e per quali vie convenga perseguirla e consolidarla. Essa invero, come ben sapete, si può ottenere soltanto dai principi e dalle norme dettate da Cristo e messe in pratica con sincera pietà. Tali principi e tali norme infatti richiamano gli uomini alla verità, alla giustizia e alla carità; pongono un freno alle loro cupidigie; obbligano i sensi a obbedire alla ragione; muovono questa a obbedire a Dio; fanno sì che tutti, anche coloro che governano i popoli, riconoscano la libertà dovuta alla religione, la quale, oltre allo scopo precipuo di condurre le anime alla eterna salvezza, ha anche quello di tutelare e progettare i fondamenti stessi dello stato.

Da ciò che abbiamo finora detto è facile dedurre, venerabili fratelli, quanto siano lontani dal procurare una vera e sicura pace coloro che calpestano i sacrosanti diritti della chiesa cattolica; proibiscono ai suoi ministri di compiere liberamente il loro ufficio, condannandoli anche al carcere e all'esilio; impediscono o addirittura proscrivono e distruggono le accademie, le scuole e gli istituti di educazione che sono retti secondo le norme cristiane; infine, travolgono con errori, calunnie e ogni genere di turpitudini il popolo, specialmente la tenera gioventù, dalla integrità dei costumi, dalla virtù e dall'innocenza verso gli allettamenti dei vizi e la corruzione.

Ed è chiaro ancora quanto vadano lontani dal vero coloro che insidiosamente lanciano contro questa sede apostolica e la chiesa cattolica l'accusa di volere una nuova conflagrazione. In realtà non sono mai mancati, né nei tempi antichi né in quelli a noi più vicini, coloro che hanno tentato di soggiogare i popoli con le armi; però Noi mai abbiamo desistito dal promuovere una vera pace; la chiesa non con le armi, ma con la verità desidera conquistare i popoli ed educarli alla virtù e al retto vivere sociale. Infatti «le armi della nostra milizia non sono carnali, ma potenti in Dio » (2 Cor 10, 4).

Occorre che insegniate tutto ciò con franchezza; poiché allora soltanto quando cioè i comandamenti cristiani saranno posti al sicuro e informeranno la vita privata e pubblica, sarà lecito sperare che, composti gli umani dissidi, le varie classi dei cittadini, i popoli e le genti si uniscano in fraterna concordia.

Le nuove pubbliche preghiere implorino da Dio che questi Nostri ardenti voti siano appagati; in modo che, con l'aiuto della grazia divina, non solo con virtù cristiana siano in tutti rinnovati i costumi, ma anche le relazioni tra i popoli siano al più presto talmente ordinate, da procurare alle singole nazioni, frenata la cieca cupidigia di dominare sugli altri, la debita libertà; debita libertà da concedersi e alla santa religione e a tutti i suoi figli secondo i diritti divini e umani.

Con questa fiducia, impartiamo di cuore a voi tutti, venerabili fratelli, al vostro clero e ai fedeli, e a tutti quelli che in modo speciale asseconderanno prontamente queste Nostre esortazioni, la benedizione apostolica, auspicio delle grazie divine e della Nostra paterna benevolenza.

Roma, presso San Pietro, 19 luglio dell'anno 1950, XII del Nostro pontificato.

 

PIO PP. XII


(1) PIUS PP. XII, Epist. enc. Summi maeroris qua publicae iterum indicuntur preces ad populorum impetrandam pacem atque concordiam, [Ad venerabile Fratres, Patriarchas, Primates, Archiepiscopos, Episcopos aliosque locorurn Ordinarios pacem et communionem cum Apostolica Sede habentes], 19 Iulii 1950: AAS 42(1950), pp. 513-517. - Versione italiana: La Civiltà cattolica 101(1950), III, pp. 233-236.



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