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DISCORSO DI SUA SANTITÀ PIO XII
AL SOVRANO MILITARE ORDINE GEROSOLIMITANO DI MALTA*

Lunedì, 15 gennaio 1940

 

I sentimenti di filiale devozione verso il Romano Pontefice, di cui, diletti Figli, è stato alto interprete l'Eminentissimo Gran Maestro, sono iscritti da nove secoli nella storia del vostro Sovrano Ordine Militare.

Questa storia è una lunga e gloriosa epopea al servigio di Cristo e di tutte le grandi cose che il Suo Vicario in terra ha ricevuto in custodia.

Messo al suo nascere sotto la protezione del Precursore, l'Ordine dei Cavalieri di S. Giovanni è stato esso stesso precursore di opere ispirate alla fede e alla carità.

Molto tempo prima che le Nazioni civili fossero giunte a stabilire un diritto internazionale; molto prima che avessero potuto formare il sogno — non ancora attuato — di una forza comune a tutela della sana libertà umana, della indipendenza dei popoli, di una pacifica equità nelle loro mutue relazioni, l'Ordine di S. Giovanni aveva riuniti in una fraternità religiosa e sotto una disciplina militare, uomini di otto « lingue» diverse, votati alla difesa dei valori spirituali, che costituiscono l'appannaggio comune della cristianità: la fede, la giustizia, l'ordine sociale e la pace.

Durante due secoli in Palestina, due secoli in Rodi, due secoli e mezzo a Malta, questa milizia generosa, formata di cavalieri, vale a dire di uomini dall'anima alta e fiera, pronti piuttosto a morire che a mancare al proprio dovere e al proprio onore, seppe accendere in ciascuno di loro la sublime brama di lottare non per la conquista o la vana gloria, ma per i diritti sacri di Dio, per la protezione dei deboli e degli oppressi, in una parola per tutto ciò che era stato l'incomparabile ideale della cavalleria medioevale.

Dalle altezze di Sion, incorniciate di olivi; dalla punta di S. Giovanni d'Acri, coronata di bianche case; dalla cittadella di Rodi, che circondano le rose; dagli altipiani rocciosi di Malta, che cingono le onde del mare, questo Ordine eletto si ergeva vigile per ascoltare dovunque si chiamasse al soccorso, mentre le sue galere solcavano i due bacini del Mediterraneo, frenando i corsari barbareschi e assicurando ai popoli cristiani la libertà delle loro relazioni commerciali, civili e politiche.

Magnifica nelle sue vittorie, indomabile anche nelle sue disfatte, quella milizia poteva perdere una battaglia, ma non l'ardore del combattere. Per un regno perduto, ne fondava un altro; la sua capitale cambiava di nome, la sua volontà non mutava di oggetto.

Per ciò potè sembrare che la sua missione fosse finita, quando imperversò sull'Europa e sul mondo il turbine della rivoluzione, travolgendo le più nobili e antiche istituzioni dell'idealismo cristiano.

Ma no. L'Ordine di S. Giovanni parve scomparire un istante, ma per risuscitare sempre attivo e benefico, ravvivando in sé lo spirito primitivo, quello dei mercanti amalfitani, che avevano fondato a Gerusalemme nel 1048, un mezzo secolo avanti la prima crociata, il loro ospizio per i pellegrini. Questo officio del buon Samaritano i vostri antenati non l'ebbero mai a dimenticare. Anche allorché essi levavano la spada dal fodero, si rammentavano di essere veri religiosi e, come tali, innanzi tutto discepoli del Dio di amore e di carità. Essi vedevano questo Dio presente, secondo la sua parola, nel prossimo, specialmente nei poveri, negli orfani e nei sofferenti.

Ai nostri giorni tale missione caritatevole ha trovato più che mai occasione di esercitarsi e di svolgersi in forme opportunamente adattate ai tempi attuali. In epoca ancora recente Noi avemmo la gioia di felicitarvi per il bene compiuto a favore dei poveri fanciulli di Tantur. È di ieri la fondazione del grande Lebbrosario di Selaclacà, magnifica creazione della scienza e della carità; mentre in Roma stessa il vostro Ordine sovrano ha istituito quella scuola missionaria di medicina e chirurgia, a cui si dedicano persone di rango sociale spesso elevato, coll'unica ambizione di fare del bene alle anime, soccorrendo la miseria dei corpi.

Quando i vostri antenati percorrevano le piste, allora vaghe e ineguali, della Palestina, dovettero arrestarsi più di una volta, tra Gerusalemme e Gerico, in una gola di aspetto ancora quasi selvaggio. Là, racconta Gesù nel Vangelo (Luc., X, 30 seg.), un viandante, attaccato e spogliato dagli assassini, era stato lasciato quasi morto. Ma un Samaritano, che viaggiava per la stessa via, vedutolo, si mosse a compassione e fasciò le ferite di lui; poi lo condusse all'albergo vicino e lo fece curare a sue spese fino alla completa guarigione.

A Noi sembra che anche oggi l'umanità giaccia distesa palpitante, sul cammino dei tempi. Mentre discendeva stoltamente da Gerusalemme a Gerico, dalla città della preghiera a quella dei piaceri, dalle regioni dell'ideale a quelle del lucro, è caduta nelle mani di ladroni, che si chiamano l'orgoglio, la incredulità, l'ambizione, la violenza, la slealtà, l'odio. Essi l'hanno spogliata delle sue ricchezze, dei più alti valori morali che rendono l'uomo degno e santamente fiero: la fede in Dio, la fraternità, la mutua fiducia; le hanno rapito violentemente un prezioso tesoro: la pace. Voi dunque, diletti Figli ed illustri Cavalieri, Gerosolimitani per origine, buoni Samaritani per vocazione, ospitalieri per destinazione, caritatevoli per tradizione collettiva e per devozione personale, voi antichi fondatori degli « alberghi » per i pellegrini e i viaggiatori in pericolo, date un largo e pietoso asilo nelle vostre preghiere, nelle vostre elemosine, nelle vostre sollecitudini, ai milioni di esseri provati dalla miseria, dalle sventure, dal flagello della guerra. Come già l'albergatore della parabola evangelica, voi potete esser sicuri che la misericordia divina vi restituirà, non esattamente ma al centuplo, i danari che avrete anticipati, vale a dire tutto ciò che avrete generosamente offerto di preghiere, di sacrifici, di ricchezze, di influenza, di sforzi, a sollievo della umanità dolorante.

Con tale augurio, ricambiando i devoti vostri voti per il nuovo anno, vi impartiamo di cuore, come pegno della abbondanza delle grazie divine, per voi stessi e per tutto il vostro Ordine, la Nostra paterna Apostolica Benedizione.


*Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, I,
  Primo anno di Pontificato, 2 marzo 1939 - 1° marzo 1940, pp. 483-485
  Tipografia Poliglotta Vaticana.

L’Osservatore Romano 15-16.1.19450, p.1.

 



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