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PELLEGRINAGGIO APOSTOLICO IN POLONIA
(16-23 GIUGNO 1983)

SOLENNE BEATIFICAZIONE DI MADRE URSZULA LEDÓCHOWSKA

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Poznań, 20 giugno 1983

 

1. “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente!” (Mt 16, 16).

Ho ripetuto questa confessione di Pietro il giorno 22 ottobre 1978, quando, per gli inscrutabili decreti della Divina Provvidenza, mi toccò di iniziare il servizio nella Sede di Pietro in Roma.

Oggi le ripeto qui, a Poznan, nel luogo dove questa confessione veniva pronunciata sin dai tempi più remoti nei territori dei Piast, dopo il Battesimo di Mieszko nell’anno 966. Sin dai tempi più antichi le labbra del Vescovo pronunciavano questa confessione di Pietro, poiché già due anni dopo il Battesimo Poznan, per prima in Polonia, “coepit habere episcopum”: cominciò ad avere il proprio Vescovo.

“Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente!”. La stessa confessione di Pietro ripetevano le labbra degli avi sin da quei tempi antichissimi e i cuori si aprivano al Redentore del mondo, prima sconosciuto, che come Figlio di Dio, della stessa sostanza del Padre, si fece uomo e nacque dalla Vergine Maria.

2. Su questa confessione di Pietro sin dall’inizio si edifica la Chiesa secondo le parole di Cristo: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa” (Mt 16, 18). Così dunque insieme con la confessione del primo Vescovo nella Polonia dei Piast, il cui nome era Jordan, si edifica la Chiesa sul suolo di questa nostra patria. Nell’anno millesimo il Vescovo Unger accoglie a Poznan e a Gniezno l’imperatore Ottone III e i legati pontifici, giunti per il cosiddetto Convegno di Gniezno, accanto alle reliquie del Martire sant’Adalberto. L’edificazione della Chiesa nella nostra patria procede. Sorge la Metropoli di Gniezno e, ad essa collegate, nuove sedi vescovili a Cracovia, Wroclaw e Kolobrzeg. Cresce la comunità di coloro che ripetono la confessione di Pietro, ancora nell’antica lingua materna. “Tu sei il Cristo, il Figlio dei Dio vivente”. E sin dall’inizio, sin dai tempi di Mieszko, la cattedrale vescovile di Poznan rimane col titolo di San Pietro e Paolo. Essi sono anche i patroni di Poznan e le loro figure si trovano sullo stemma della città.

3. Grande è la mia gioia di poter oggi giungere al castello di Przemyslaw, facendo il pellegrinaggio in Polonia per il Giubileo patrio della Signora di Jasna Gora. Grande è la mia gioia di poter giungere insieme a voi, cari fratelli e sorelle, eredi del trascorso millennio della Nazione e della Chiesa, e ripetere la confessione di Pietro. Sono venuto qui molte volte, specialmente nel periodo dei servizio pastorale del metropolita di Poznan, Antoni Baraniak, di santa memoria, la cui fortezza pastorale, la cui umiltà e i cui meriti noti solo a Dio circondiamo sempre di profonda venerazione.

Oggi saluto qui il suo successore nella sede di Poznan, coetaneo nella mia nomina vescovile, Arcivescovo Jerzy, i Vescovi ausiliari e tutti i rappresentanti dell’Episcopato presenti: il Cardinale Primate, il Cardinale Metropolita di Cracovia, tutti gli Arcivescovi e i Vescovi della Polonia. Saluto il Capitolo Metropolitano, tutto il clero, gli Ordini religiosi maschili e femminili. Saluto tutti gli ospiti giunti a Poznan da fuori dell’arcidiocesi.

Mi rendo conto che il luogo dove mi trovo ha avuto un ruolo fondamentale non solo nella storia del cristianesimo, ma anche nella storia dello Stato e della cultura polacca. La Cattedrale dei Santi Apostoli Pietro e Paolo testimonia che, sin dall’inizio, in questa terra dei Piast e in tutta la Polonia la Chiesa fu unita e Roma. A Roma, non solo come sede di Pietro, ma anche come centro di cultura. Perciò la cultura polacca possiede i contrassegni caratteristici soprattutto occidentali europei.

4. Sono lieto di potermi trovare in questo luogo, al centro della più antica delle terre dei Piast, dove oltre mille anni fa ha avuto inizio la storia della Nazione, dello Stato e della Chiesa.

Insieme con Cristo, che Pietro confessò Figlio del Dio vivente, sono giunti qui il Vangelo e l’intera Rivelazione. Dagli abitanti di questa terra vennero consapevolmente accolte le parole del Creatore, pronunciate all’inizio: Crescete e moltiplicatevi soggiogate e dominate la terra (cf. Gen 1, 28). Queste parole hanno legato insieme la chiamata alla vita familiare con il lavoro umano. I nostri avi dominavano la terra su questo vasto territorio della Grande Polonia, tagliando i boschi, coltivando i campi, costruendo villaggi e città.

Dopo secoli siamo qui testimoni del lavoro di tante generazioni. Vi fu un tempo in cui, nel XIX secolo, esse dovevano lottare per il mantenimento del proprio posto di lavoro, in questa terra della Grande Polonia, dove gli occupanti volevano distruggere lo spirito nazionale. Da quell’epoca proviene la tradizione del profondo legame con la terra, la tradizione della coltivazione razionale del terreno e la tradizione dell’organizzazione sociale, che assicuravano lo stato di possesso polacco. Simbolo dell’intransigente difesa dei fondamentali diritti del polacco e dell’agricoltore diventò il carro di Drzymala. Sono anche un simbolo i cognomi dei grandi operatori sociali, specialmente del clero, come l’Arcivescovo Florian Stablewski o i sacerdoti, tipo Don Piotr Mawrzyniak. Un sostegno per loro diventò a suo tempo l’enciclica Rerum Novarum di Leone XIII.

5. Per la generazione contemporanea degli uomini del lavoro e prima di tutto dei lavoratori della terra, un sostegno simile può essere l’enciclica Mater et Magistra, di Giovanni XXIII: “. . . un problema di fondo che si pone - scrive in essa il venerato predecessore - è il seguente: come procedere perché sia ridotto lo squilibrio nell’efficienza produttiva tra il settore agricolo da una parte e il settore industriale e quello dei servizi dall’altra, e perché il tenore di vita della popolazione agricolo-rurale sia distanziato quanto meno e possibile dal tenore di vita dei cittadini che traggono il loro reddito dal settore industriale e da quello dei servizi; e quanti lavorano la terra non abbiano un complesso di inferiorità; siano invece persuasi che anche nell’ambiente agricolo-rurale possono affermare e sviluppare la loro persona attraverso il loro lavoro e guardare fiduciosi l’avvenire . . . Ci è caro esprimere il nostro compiacimento a quei figli che in varie parti del mondo sono impegnati nelle iniziative cooperativistiche, nelle associazioni professionali e nei movimenti sindacali ad elevazione economico-sociale di quanti lavorano la terra” (Giovanni XXIII, Mater et Magistra, III).

6. Tuttavia voglio sottolineare queste parole dell’enciclica sociale con ciò che udii, in terra polacca, dalla bocca del defunto Primate Cardinale Stefan Wyszynski. Quanto grande era la sua intuizione per questo legame dell’uomo con la terra, che sta alla base dell’esistenza di tutta la società! Come giustamente egli metteva sull’avviso davanti alla trascuratezza dell’agricoltura, davanti all’esodo dalla terra e all’eccessiva urbanizzazione! Si sentiva nelle sue parole quasi un’eco lontana di quella tradizione risalente al tempi di Piast, che egli apprese dalla Bibbia: la chiamata “soggiogate e dominate la terra”, e nell’attuazione di questa chiamata cercava il consolidamento delle fondamenta stesse di questa ragion di stato nazionale e statale della propria Patria.

Ecco che cosa disse il Cardinale Wyszynski il 2 aprile 1981 al rappresentanti di “Solidarietà rurale”: “Quando il terreno è coperto d’erba i più grandi tifoni non lo soffiano via facilmente, anche se esso fosse sabbioso. Ma quando il terreno diventa un luogo deserto, è molto facile conquistarlo . . . Dal romanzo “Contadini” di Reymont conosciamo la commovente storia di Botyna. La sua morte con le braccia tese sulla terra e nel sussurro dei venti: Padrone “resta con noi”, è un’immagine molto eloquente. Quando ci si incontra più da vicino con l’enorme forza spirituale, morale e sociale dell’ambiente rurale, si vede chiaramente quanto giusta è la lotta per i diritti fondamentali della persona umana, quanto motivata è un’ulteriore ragione del rispetto di quei diritti che proviene dal fatto di possedere la terra”.

Auguro anche a voi, agricoltori della Grande Polonia, a voi agricoltori di tutta le mia Patria, di tenere in mente queste parole del Cardinale Wyszynski, come testamento di un grande polacco, di un grande amante della terra polacca e della Nazione polacca.

7. “Benedirò il Signore in ogni tempo, / sulla mia bocca sempre la sua lode. / Io mi glorio nel Signore, / ascoltino gli umili e si rallegrino (Sal 34, 2-3).

In questo primo giorno desidero in modo particolare benedire il Signore, poiché mi è dato tra voi, cari connazionali, di poter elevare agli onori degli altari - mediante la beatificazione - la Venerabile Serva di Dio, Madre Orsola Ledóchowska.

Certamente grande è la nostra gioia comune, che durante il Giubileo nazionale della Signora di Jasna Gora e insieme nell’ambito dell’Anno della Redenzione, possa aver luogo questa beatificazione. Alla gloria dei Beati viene elevata una Figlia della nota famiglia polacca. La località di Lipnica Murowana (nella diocesi di Tarnów), di dove la famiglia Ledóchowski ha avuto la casa, è la stessa località dalla quale proveniva, nel XV secolo, il beato Szymon da Lipnica. La sorella carnale della Madre Orsola, Maria Teresa Ledóchowska, conosciuta comunemente come “madre dell’Africa nera, e fondatrice del Sodalizio di san Pietro Claver (Suore Claveriane), fu beatificata alcuni anni fa da Paolo VI.

La vocazione di Orsola fu la gioventù e la sua educazione, inoltre il molteplice aiuto nel lavoro pastorale della Chiesa. Scoprì la strada di questa vocazione nel Convento delle Suore Orsoline di Cracovia. Nell’anno 1907 partì di lì - con l’assenso del Papa Pio X - per il lavoro apostolico alla città chiamata allora Pietroburgo, in Russia. Costretta ad abbandonare la Russia nel 1914, svolse il suo apostolato nei Paesi scandinavi e, al tempo stesso, sviluppò una molteplice azione in favore della sua Patria tormentata. Quando, dopo la guerra, chiese al Papa Benedetto XV di approvare la nuova Congregazione, sorta in modo così insolito durante questo suo apostolato, ricevette da lui l’approvazione. Il Preposito generale dei Gesuiti di allora, fratello carnale della Madre Orsola, Padre Vladimiro Ledóchowski, era il consigliere della sorella presso la Sede apostolica.

Un grande influsso sulla vita della Beata e dei suoi fratelli e sorelle ebbe il loro zio, Cardinale Mieczyslaw Ledóchowski, Arcivescovo di Gniezno-Poznan, Primate della Polonia e poi Prefetto della Sacra Congregazione per la Propaganda della fede. È noto che, anche in prigione, proprio qui a Poznan, egli si oppose alla politica del “Kulturkamph” prussiano, per salvare la fede, lo spirito polacco e l’autonomia della Chiesa in Polonia; per questo motivo fu perseguitato e incarcerato.

Qui a Pniewy, vicino a Poznan, si trova la casa madre della Congregazione delle Suore Orsoline del Cuore di Gesù Agonizzante, comunemente chiamate Orsoline Grigie. Madre Orsola Ledóchowska è stata la fondatrice di questo ramo polacco delle Orsoline, e anche della casa di Pniewy. La Congregazione tuttavia si diffuse in diverse parti della Polonia e fuori dell’Europa. Contemporaneamente, Madre Orsola svolgeva il suo apostolato (dietro richiesta della Sede Apostolica) a Roma, e lì concluse i suoi giorni terreni, il 29 maggio 1939; lì si trova anche la sua tomba presso la Casa generalizia in via del Casaletto.

Annoverando Madre Orsola Ledóchowska nell’albo dei beati, la consegniamo alla Chiesa della Polonia e alla Congregazione delle Suore Orsoline, per la gloria di Dio, per l’elevazione delle anime umane e per la loro eterna salvezza.

8. “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente!”. Ritorno alle parole della confessione di Pietro, che risuonano nella storia del Popolo di Dio su questa terra della Grande Polonia, unita da oltre mille anni intorno alla cattedrale dei Santi Apostoli.

La Poznan cattolica ripete le parole di Pietro in modo particolare sin dal tempo dell’indipendenza della Patria, riacquistata nell’anno 1918, in base all’unione con Gniezno (che durò sino dal 1821), Poznan era allora anche la sede del Primate di Polonia. La Confessione di Pietro si manifestò, nella storia della città, mediante la costruzione del monumento al Sacratissimo Cuore di Gesù. Questo monumento - come espressione di ringraziamento per la riacquistata indipendenza - venne distrutto dall’invasore durante la seconda guerra mondiale.

Oggi su questo luogo son sorte due croci in memoria delle vittime del 1956. Per diversi motivi - in considerazione del passato più remoto e più recente - questo luogo è venerato dalla società di Poznan e dalla “Grande Polonia”. Voglio dunque anch’io inginocchiarmi in questo luogo a rendere onore.

9. Poznan! La Poznan di oggi, una città di grande tradizione. Una città che traccia nella vita della Nazione uno stile speciale di edificazione del bene comune. La città dei grandi stabilimenti industriali. È la città della cultura universitaria contemporanea. La città, nella quale in modo del tutto particolare sono maturati il pensiero sociale cattolico e la struttura nazionale delle organizzazioni cattoliche. La città dalle molte pubblicazioni e dalle molte case editrici.

Desidero, visitando Poznan sul percorso del pellegrinaggio di quest’anno, vederla ancora una volta nelle dimensioni del millennio, ma anche nelle dimensioni del Giubileo di Jasna Gora. E perciò con tutto il cuore mi avvicino a questo luogo nel quale la principessa Dobrawa, moglie di Mieszko e madrina della Nazione polacca edificò su Ostrow Tumski la cappella del castello, dedicata alla Santissima Vergine Maria.

È la più antica traccia di questo grande patrimonio, che accogliamo nel solenne Giubileo nazionale di quest’anno. Di questa eredità che desideriamo portare nei secoli successivi.

Mi fermo dunque in questo luogo e ripeto: “Madre di Dio, Vergine / Maria, che per Dio sei lodata. / Dal tuo Figlio, Signore / Ottienici, implora per noi / la sua pietà (Kyrie eleison)”.


Prima della benedizione, ha rivolto all’assemblea un breve saluto

Prima della benedizione finale, vorrei salutare ancora una volta tutti i presenti, non soltanto i rappresentanti della città e dell’arcidiocesi di Poznan ma anche i pellegrini venuti da fuori arcidiocesi, soprattutto dalla confinante arcidiocesi di Gniezno; dalla diocesi di Wloclawek, insieme con il Vescovo ordinario e con i Vescovi ausiliari; dalla diocesi di Chelmno insieme con il Vescovo ordinario e con i suoi collaboratori nell’Episcopato; dalla diocesi di Gorzów, insieme con il Vescovo Monsignor Wilhelm Pluta e con il Vescovo ausiliare; dalla diocesi di Koszalin insieme con il Vescovo ordinario e con il Vescovo ausiliare.

Prego tutti i pellegrini di portare alle loro comunità, diocesi e parrocchie, questa comunione dei Santi, messa in rilievo dalla beatificazione di Urszula Ledóchowska, e anche la comunione della Chiesa polacca che vive la sua unione con i santi apostoli Pietro e Paolo, mediante la presenza del successore di Pietro. Rivolgo la stessa preghiera ai nostri ospiti venuti dall’estero. È qui presente il Vescovo della diocesi di Sankt Polten in Austria, dove nacque la beata Urszula; il Vescovo di Schwerin in Germania, nonché i Vescovi venuti da Helsinki in Finlandia. Preghiamo questi nostri fratelli nella vocazione episcopale di salutare le loro Chiese e i loro popoli nello spirito della comunione cristiana, che oggi celebriamo qui a Poznan.

Parole particolari spettano ovviamente alle Orsoline Grigie; si può dire che questo è il loro giorno, il loro grande giorno. La loro gioia ci rallegra; auguriamo ad esse che il giorno della beatificazione della loro fondatrice dia inizio a un nuovo periodo nello sviluppo di questa famiglia religiosa, che ci è così cara.

Voglio proprio a Poznan aggiungere a questi saluti uno particolare, a tutti i catechisti e le catechiste, appartenenti al clero, ma soprattutto ai laici. Poznan è un grande centro della catechesi, e del pensiero catechetico. Voglio salutare tutti i catechisti e le catechiste sia dell’arcidiocesi, sia di tutta la Polonia. Infine, proprio qui, non posso rimanere in debito con i giovani studenti, che mi hanno mandato speciali lettere a Roma. Rispondo a queste lettere con tutto il cuore così come posso. L’ho già fatto una volta sabato sera, durante l’incontro con i giovani e lo faccio ancora qui a Poznan.

Poznan ha dato alla Polonia e alla Chiesa alcuni Vescovi. Desidero salutarli in questa nostra comunione di oggi.

Miei cari fratelli e sorelle, la benedizione in nome della Santissima Trinità deve in un certo modo sigillare questa magnifica, soprannaturale realtà sacramentale: l’Eucaristia. Così succede ogni volta. La nostra Eucaristia è particolarmente solenne, particolarmente eloquente, piena di calori antichi e attuali, piena di vita e di vicende umane.

Che su tutto questo si estenda ora la benedizione di Dio onnipotente, uno nella Santissima Trinità.

Voglio benedire anche tutte le prime pietre delle chiese che saranno costruite. Queste pietre si trovano davanti all’altare. Che anch’esse siano benedette insieme agli uomini e per gli uomini.



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