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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI MEMBRI DEL CONSIGLIO EPISCOPALE
E AL PRESBITERIO DELLA DIOCESI DI ROMA

Giovedì, 22 marzo 1984

 

1. Diventando Vescovo di Roma, quasi sei anni fa, ho trovato questa tradizione dell’incontro con il clero romano e specialmente con i predicatori degli esercizi spirituali agli inizi della Quaresima. Ma, dopo un anno, abbiamo cercato di dare una nuova impostazione a questi incontri e penso che siamo già arrivati a una nuova formula, quella appunto del nostro incontro di oggi. È un incontro di lavoro durante il quale parlano soprattutto i sacerdoti, coloro che costituiscono il “presbyterium”, perché è un incontro riservato al presbiterio romano e questo è naturalmente molto importante per il Vescovo di Roma. Dovrei aggiungere che, nella situazione concreta, questo incontro costituisce per il Vescovo di Roma un certo “lusso”. Tutti voi sapete, infatti, che la missione universale del vostro Vescovo assorbe tanto tempo e che per incontri con il presbiterio della sua diocesi, della sua Chiesa locale, rimane relativamente poco tempo. Ringrazio il cardinale vicario e i miei fratelli nell’episcopato, il consiglio episcopale diocesano, che prendono sulle loro spalle questa responsabilità dell’“episcopé”, che è propria di noi tutti. E in questa responsabilità dell’“episcopé”, gli incontri con il presbiterio sono una cosa fondamentale. Così per me questo incontro, che nella dimensione complessiva di Roma si attua una volta all’anno, è fondamentale.

Si è parlato della famiglia. Monsignor Giannini ha presentato gli orientamenti principali che provengono dalla Commissione pastorale per la famiglia: una commissione pastorale, naturalmente, che vuole orientare la pastorale della famiglia nella diocesi di Roma, in tutte le comunità, soprattutto in tutte le parrocchie. Sono seguite poi le testimonianze - possiamo ben dirlo - di diversi sacerdoti romani, di parroci e viceparroci e di altri ancora. Essi hanno illustrato questo tema e questo orientamento del vicariato con esperienze concrete, qualche volta con le domande, qualche volta con le proposte. Così, non in dimensione globale, ma in dimensione parziale, abbiamo ricevuto una certa visione, un certo quadro di questo problema della famiglia, soprattutto della pastorale familiare in Roma.

Vorrei aggiungere a queste considerazioni alcuni elementi che provengono dalla dimensione della Chiesa universale. Noi dobbiamo tenere sempre presente che il Concilio Vaticano II si è occupato della famiglia e lo ha fatto in un storico documento, un documento-guida: la «Gaudium et Spes», nella sua parte II. Tra i problemi più urgenti, esso ha consacrato il primo capitolo ai problemi della famiglia e del matrimonio. Vi si trova una sintesi della situazione e della dottrina. La dottrina deve affrontare, giudicare e risolvere la situazione o, piuttosto, le situazioni. Alcuni anni dopo il Vaticano II, nel 1968, è venuta l’enciclica «Humanae Vitae». Questa, lo sappiamo bene, ha trovato una larga contestazione: era certamente una voce profetica della Chiesa e specialmente di papa Paolo VI. La Chiesa e l’umanità, e forse soprattutto il nostro ambiente culturale occidentale, devono e dovranno una gratitudine perenne a questo Papa per averci lasciato l’enciclica «Humanae Vitae».

Se vogliamo riassumere brevemente la dottrina morale in essa racchiusa, l’«Humanae Vitae» dice “sì” alla paternità e alla maternità responsabili; dice “no” a ciò che è contrario al disegno di Dio sull’amore coniugale e, quindi, alla dignità della persona degli sposi: in particolare dice “no” a tutto ciò che è contraccezione artificiale. E dice “no” in senso deciso e chiaro.

Dopo la «Humanae Vitae» siamo arrivati al Sinodo del 1980 che si è concentrato sulla famiglia nella missione della Chiesa. Come frutto di questo lavoro collegiale è poi venuta l’esortazione apostolica «Familiaris Consortio».

Possiamo dire che con questi due documenti la Chiesa nella sua dimensione e missione universale ha affrontato i problemi del matrimonio e della famiglia nella loro situazione attuale. Naturalmente questi problemi sono molto diversificati a seconda dei continenti, dei Paesi e della storia. Noi, nella Chiesa locale di Roma, dobbiamo affrontare i problemi pastorali della famiglia alla luce dei principi che si incontrano nella «Humanae Vitae» e nella «Familiaris Consortio». I problemi sono molti, come abbiamo potuto vedere anche in questa conversazione odierna, ma importanti sono soprattutto i problemi sollevati dai due documenti: quello della paternità e maternità responsabili, e quello del rispetto per la vita e per la dignità degli sposi.

Dopo il Sinodo e dopo la «Familiaris Consortio» si è visto necessario formare un organismo centrale della Chiesa, un Consiglio per la famiglia. E a Roma si è vista anche la necessità di formare un istituto scientifico-didattico per la famiglia, ove studiare tutti i problemi che emergono dalla situazione attuale alla luce della dottrina della Chiesa contemporanea.

2. Volevo richiamare l’attenzione di tutti i presenti su questi elementi della dottrina della Chiesa a dimensione universale, perché il lavoro della Chiesa particolare, anche e forse soprattutto quella di Roma, deve riflettere in sé le preoccupazioni e gli orientamenti che sorgono nella Chiesa universale e nel suo insegnamento. Questo lo dico per trovare ancora un riferimento sia all’introduzione fatta da monsignor Giannini, che alla discussione che è seguita. Mi pare che nell’introduzione e nella discussione si trovi un aspetto molto consolante in cui, possiamo dire, l’orientamento del Vaticano II, dell’«Humanae Vitae», della  «Familiaris Consortio»  viene recepito. C’è una sensibilità nuova dei pastori per i problemi della famiglia, una ricerca sulla famiglia, nella sua situazione propria, nella sua originalità, nella sua identità umana e cristiana. Questa ricerca porta a considerare la famiglia, naturalmente, nelle sue diverse difficoltà e nelle situazioni complesse che portano in sé anche una negazione del disegno divino, della dottrina evangelica, e di tutto quello che la Chiesa contemporanea insegna così come ha insegnato durante i secoli. Ne troviamo molti, di questi aspetti, ma troviamo anche un altro elemento consolante; questa famiglia cristiana molte volte si presenta dinanzi a noi come soggetto dell’apostolato, come un partner. Quando noi sacerdoti ci troviamo in difficoltà nel portare avanti la pastorale della famiglia - e non solo quella, ma forse anche altre forme della pastorale parrocchiale e diocesana - scopriamo nelle famiglie, e nelle diverse coppie, i nostri collaboratori animati da spirito apostolico. Possiamo dire questa verità; tutti i cristiani, con la forza del Battesimo e della Cresima, sono chiamati a partecipare all’apostolato della Chiesa. Questa verità trova la sua verifica in molte persone e anche in molte unioni matrimoniali, in molte coppie e in molte famiglie. In questo modo si apre la possibilità di convertire e di evangelizzare la famiglia tramite la famiglia. Penso che questo sia un orientamento giusto nella pastorale familiare, orientamento che ha trovato la sua espressione sia nell’introduzione di monsignor Giannini, sia nei molti interventi.

Devo dirvi che sono soddisfatto di questa conversazione odierna. Se la paragoniamo con la conversazione di un anno fa, penso che si sia compiuto un passo avanti, e questo è molto consolante. Naturalmente questo passo non è l’ultimo: si devono fare ancora molti passi e penso che si debba approfittare dell’esistenza a Roma di questi centri internazionali, come il Consiglio per la famiglia, come l’Istituto per gli studi sulla famiglia. Si deve approfittare della loro presenza, e del loro lavoro per preparare meglio noi stessi, ed anche per preparare meglio i nostri laici e le nostre coppie, e per portare avanti questo apostolato del matrimonio e della famiglia cristiana in tutte le sue dimensioni. Devo constatare - e credo sia un’impressione comune - che in un anno si è fatto certamente un passo avanti, e per questo devo ringraziare tutti: vostra eminenza e i miei fratelli nell’episcopato; ma devo e voglio ringraziare anche tutti i miei confratelli nel sacerdozio che compongono il presbiterio di Roma.

Mi rendo conto che, come Vescovo e Pastore di questa Chiesa, vengo rappresentato in ogni comunità parrocchiale da ciascuno di voi. Siete voi che rappresentate il vescovo nelle comunità parrocchiali, siete voi che portate il peso della responsabilità pastorale in ogni parrocchia, in ogni comunità. Siete voi che, col vostro lavoro quotidiano, lavoro di pastori, di maestri, di insegnanti, lavoro caritativo, assistenziale, con la vostra sollecitudine pastorale, siete voi, carissimi miei fratelli e amici, che rappresentate e in un certo senso realizzate la sollecitudine pastorale del Vescovo di Roma nelle diverse dimensioni e nei diversi ambienti di questa città e di questa Chiesa.

Questo volevo dirvi e volevo anche ringraziarvi per questo, come anche per l’assemblea di oggi, per la nostra conversazione, e per questo atteggiamento che avete dimostrato verso la famiglia e i suoi problemi, verso la sua vocazione, e verso la sua santità.

Vi auguro una buona Quaresima; sappiamo bene che per noi sacerdoti “buona Quaresima” significa anche un grande lavoro. E vi auguro anche una buona Pasqua.

Domenica prossima vi sarà una celebrazione specialissima dell’Anno della Redenzione; una celebrazione con le famiglie e anche un Atto di affidamento alla Madre di Cristo, affidamento di cui la Chiesa e il mondo hanno tanto bisogno. Voglio ringraziarvi per tutto quanto, in questo anno giubilare, è stato fatto nelle diverse parrocchie e nelle diverse prefetture di Roma per realizzare il programma di questo Anno della Redenzione; voglio augurarvi anche abbondanti frutti per questo lavoro, e per questa speciale iniziativa della Chiesa universale nella nostra Chiesa romana. Voglio assicurarvi che compiendo questo atto di affidamento di tutta la Chiesa e di tutti coloro che popolano la Chiesa e il mondo al cuore di Maria, intendo affidare in un senso del tutto speciale la Chiesa di Roma e tutti voi, miei confratelli nel sacerdozio.

Rispondendo infine a chi mi ha chiesto quale priorità pastorale ho assunto nel mio impegno sacerdotale, devo dirvi che fin dall’inizio io ho dato una certa priorità ai problemi del matrimonio e della famiglia, lavorando soprattutto con i giovani.

 

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