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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
ALLE SUPERIORE GENERALI DELLE RELIGIOSE
RIUNITE PER UN INCONTRO INTERNAZIONALE

Aula della Benedizione - Giovedì, 14 maggio 1987

 

Care sorelle,

1. Provo una viva soddisfazione nel ricevere oggi delle rappresentanti così qualificate della vita consacrata. Venite da numerosi paesi, da culture diverse, portando le preoccupazioni e le speranze delle vostre consorelle e dei popoli in mezzo ai quali i vostri istituti svolgono il loro apostolato.

Il primo sentimento che si leva dal mio cuore e nel cuore della Chiesa è quello di una viva riconoscenza verso Dio. La vita religiosa, infatti, è parte integrante della Chiesa che interamente trae beneficio dal carisma della vita consacrata. Mediante le vostre persone la gratitudine della Chiesa raggiunge tutte le vostre comunità.

La vostra principale responsabilità di superiore generali vi fa assumere nella vita quotidiana la funzione materna di animazione spirituale di tante anime consacrate. In ciò consiste il ruolo primario del vostro servizio: nessuno vi può sostituire nell’adempimento di questa missione, che vi invita ad essere attente e piene di affetto per le persone che vi sono affidate.

2. Adempirete tanto meglio a questa missione, quanto più sarete voi stesse impregnate di spirito filiale. Non siete voi anzitutto figlie di Dio, che vivono ogni giorno in una gioia spirituale e nell’abbandono fiducioso nella bontà del Padre celeste? Siete anche figlie dei vostri fondatori e fondatrici, riflettendo nella realtà attuale i tratti caratteristici della loro particolare fisionomia spirituale. Siete anche figlie delle vostre comunità, che vi hanno generato alla vita religiosa e vi sostengono quotidianamente nella vostra santificazione personale.

Voi siete egualmente come delle sorelle per i nostri contemporanei, di cui condividete le sofferenze e le speranze. Volete camminare insieme con loro alla luce del messaggio evangelico. Vi siete riunite a Roma proprio per studiare in profondità quali forme deve rivestire la missione profetica della vita religiosa nella Chiesa e nel mondo.

3. Mi sembra opportuno affidarvi alcune riflessioni in rapporto al tema del vostro studio sulle direttive richiamate dal Concilio e ripetute in diverse riprese dai miei predecessori.

Il Vangelo deve incarnarsi in ogni epoca nelle situazioni concrete, nelle vicissitudini dei popoli e delle culture, pur superando le insidie di eventuali teorie unilaterali o arbitrarie, cui è sempre esposto un processo di crescita.

Attente ai bisogni dei nostri contemporanei, siete ben consapevoli dei mali di cui soffre la società nei vostri diversi paesi. Da una parte la miseria, la fame, le minacce endemiche alla salute. Dall’altra la disoccupazione, la tentazione della droga, la sofferenza degli emarginati di ogni genere, dei nuovi poveri. Talvolta si riscontrano una schiavitù politica od economica, una mancanza di libertà, attentati diversi alla dignità delle persone. Voi siete a buon diritto sensibili ai drammi che colpiscono la vita delle famiglie. Di tutto ciò si preoccupano generalmente i responsabili della società civile, e si fanno molti sforzi per porvi rimedio. Ma ci sono altre miserie di cui siete molto consapevoli: i disordini morali, il relativismo che tocca le coscienze, l’indifferenza religiosa, oppure l’incredulità, che si espandono in certi ambienti.

La constatazione di questi mali, se stimola la reazione di tutti i credenti, trova nello stesso tempo all’interno dei vostri istituti forze più vive, più coraggiose, più disponibili a denunciare tali miserie, a farne prendere coscienza e soprattutto per contribuire a porvi rimedio. Lo studio che avete intrapreso, con l’aiuto di esperti, ha per scopo di discernere le forme e i metodi di azione più adatti allo stato di consacrazione al quale appartenete.

4. Il vostro ruolo infatti è di far apprezzare e irrobustire il senso, la dignità e la potenza creatrice, insostituibile, della vita interiore. La dimensione contemplativa della vita consacrata deve trovare il suo spazio vitale nelle vostre famiglie di vita attiva, per superare l’orizzontalismo di un apostolato mal compreso. Se la solidarietà necessaria col prossimo non scaturisce da una vita contemplativa animata dall’amore di Dio, nutrita dal raccoglimento e dalla partecipazione all’agonia redentrice di Cristo, rischia di restare sterile o di non portare agli altri la salvezza che hanno il diritto di aspettare. Quando una persona realizza pienamente una vera relazione verticale con Dio, come lo fu nel caso dei vostri fondatori e fondatrici, si manifesta un rapporto nuovo anche nelle sue relazioni orizzontali.

5. In questa prospettiva la religiosa fa la scelta dei poveri, non come una scelta esclusiva di classe, ma come una opzione evangelica, cioè con l’attenzione stessa di Cristo verso tutti i poveri, che è amore preferenziale.

È per questo che la Chiesa sottolinea come il rinnovamento spirituale deve avere sempre il ruolo principale, anche nelle attività di apostolato (cf. Perfectae Caritatis, 2). Ricordatevi quello che dice il decreto Perfectae Caritatis: “È necessario che i membri di qualsiasi istituto, cercando sopra ogni cosa e unicamente Dio, uniscano la contemplazione con cui aderiscono a Dio con la mente e col cuore, e l’ardore apostolico, con cui si sforzano di collaborare all’opera della redenzione e dilatare il regno di Dio” (Ivi, 5).

6. La vostra presenza è un segno eloquente della ricchezza e della varietà dei carismi, mediante i quali lo Spirito Santo arricchisce la Chiesa, suscitando delle famiglie religiose in gran numero e varietà per rispondere alle molteplici esigenze del popolo di Dio. Non esiste alcuna necessità spirituale o materiale verso cui i vostri fondatori e voi stesse non siate orientati, secondo una buona lettura dei segni dei tempi. Mantenete, fate rifiorire, affermate le scelte dei vostri fondatori! Nelle pressanti necessità attuali, il vostro servizio apostolico deve concretizzarsi secondo la finalità specifica del vostro istituto; esso potrà adottare anche forme nuove che siano compatibili con il carisma di fondazione, nella linea della tradizione più sicura e più sana, in armonia con le intenzioni per cui la Chiesa ha approvato il vostro istituto.

Sarebbe uno zelo piuttosto equivoco quello che portasse a occupare il campo apostolico altrui con il pretesto di bisogni eccezionali. Talvolta si incontra oggi un pregiudizio, secondo il quale si dovrebbero disprezzare le “differenze” che costituiscono e distinguono fra di loro gli istituti religiosi. Ogni istituto deve essere sollecito nel mantenere la “fisionomia” propria, il carattere speciale della sua specifica ragione d’essere, che ha esercitato un’attrattiva, che ha suscitato vocazioni, atteggiamenti particolari, che ha dato una notevole testimonianza pubblica. È ingenuo e presuntuoso credere che, alla fine, ogni istituto debba essere identico agli altri, praticando un amore generico di Dio e del prossimo. Chi pensasse in tal modo, trascurerebbe un aspetto essenziale del Corpo mistico: l’eterogeneità della sua costituzione, il pluralismo dei modelli in cui si manifesta la vitalità dello Spirito che l’anima, la perfezione trascendente umana e divina di Cristo, il suo Capo, che non può essere imitata se non attraverso le risorse innumerevoli dell’anima guidata dalla grazia (Ivi, 2b).

7. Per quel che riguarda il tema specifico, oggetto di studio di queste giornate, mi sembra utile ancora di sottolineare l’importanza della carità soprannaturale che è il tratto caratteristico dei cristiani.

La storia sociale della Chiesa è sempre stata ricca di realizzazioni. La Chiesa ha protetto l’infanzia, educato la gioventù, assistito i malati, i vecchi, gli esiliati, i prigionieri, rivendicando i diritti delle categorie più umiliate contro ogni forma di oppressione e di sfruttamento.

Ma la giustizia che la Chiesa ha promosso è stata sempre animata dalla carità di Cristo. Il Verbo si è incarnato soprattutto per redimere il mondo dal peccato, la peggiore di tutte le ingiustizie. Ha fondato la Chiesa anzitutto per salvare le persone, facendole beneficiare della sua passione redentrice.

In questa prospettiva teologica, il segreto di un vero profetismo risiede nella coerenza esistenziale della religiosa con la testimonianza che dà. Non si accontenta di riprendere per suo conto la contestazione e la condanna delle ingiustizie, ma presenta la sua vita come un messaggio umile, silenzioso, animato dall’amore più puro e certamente efficace.

Ai religiosi e alle religiose spetta di essere nel mondo “quello che è l’anima per il corpo”, come diceva la Lettera a Diogneto a proposito dei primi cristiani (cf. Lumen Gentium, 38). Devono restare come pellegrini attraverso le cose che si corrompono, nell’attesa della incorruttibilità dei cieli. Il loro pellegrinaggio è come un annuncio incessante del regno in via di realizzazione, perché l’ha promesso Colui che ha vinto il mondo.

Così la professione religiosa può realizzare un “profetismo” che, nelle opere stesse del servizio sociale spinto fino all’eroismo, non può essere paragonato all’azione circoscritta puramente nell’ambito di un presente inevitabilmente effimero.

La persona consacrata deve essere un segno di speranza innalzato sul mondo: la speranza di un mondo migliore, purificato, rinnovato, trasparente della luce e dell’amore di Dio, come ci aspettiamo nel mondo che deve venire, ma com’è possibile che sia inaugurato già fin da oggi.

8. Nella realizzazione della vostra missione apostolica avete per modello la figura di Maria, alla quale abbiamo voluto dedicare un anno in preparazione al terzo millennio.

Nel suo inno di lode a Dio, il “Magnificat”, si ritrovano gli echi della tradizione profetica del popolo eletto. Questo canto riflette il mondo interiore della Vergine di Nazaret; rivela non solo il segreto del suo rapporto con Dio - contrassegnato dalla confidenza e dalla riconoscenza figliale -, ma egualmente il suo atteggiamento verso il mondo degli uomini dove sono esaltati gli umili, i poveri, i semplici.

Vi auguro che tutte le vostre suore possano guardare Maria in questo modo. Che possano scoprire in lei sempre più profondamente il modello della loro consacrazione e Dio e nello stesso tempo quello del loro impegno apostolico a servizio dei loro fratelli. Pregando lo Spirito Santo di animare le vostre vite come ha fatto con Maria, do a voi e a tutte le vostre famiglie religiose, una particolare benedizione.



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