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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI AL SIMPOSIO DEL CONSIGLIO
DELLE CONFERENZE EPISCOPALI D'EUROPA
SULL'INSEGNAMENTO DELLA
RELIGIONE CATTOLICA NELLA SCUOLA PUBBLICA

Lunedì, 15 aprile 1991

 

1. Con sentimenti di grande cordialità e di profonda stima vi do il mio benvenuto, carissimi fratelli e sorelle, partecipanti al Simposio europeo sull’insegnamento religioso nella scuola pubblica, che assai opportunamente il Consiglio delle Conferenze Episcopali di Europa ha promosso e la Conferenza Episcopale Italiana ha degnamente organizzato.

Saluto con affetto e gratitudine il Presidente di quest’ultima, Monsignor Camillo Ruini, i Vescovi rappresentanti le singole Conferenze Episcopali, il Comitato organizzatore del Simposio, i sacerdoti e i laici delle diverse Nazioni europee ad esso intervenuti.

2. I prossimi traguardi di maggiore unità dell’Europa stanno determinando nei Paesi del continente un fervido processo di riflessione, di valutazione, di progettazione, la cui portata va certamente oltre la pura unificazione economica e politica, diventando fatto di cultura, promozione di umanità e, per noi credenti, singolare e fondamentale appello alla nuova evangelizzazione. Affinché il contributo della Chiesa a tale processo sia il più alto e fecondo possibile, ho convocato un’Assemblea speciale per l’Europa del Sinodo dei Vescovi.

In questa prospettiva -e con una rilevanza che al momento non possiamo ancora valutare appieno -si rivela opportuna una riflessione allargata all’intero continente circa l’insegnamento della religione nella scuola pubblica.

Tale insegnamento, per l’estensione, continuità e durata che assume nelle scuole della maggior parte dei Paesi europei, per la destinazione specifica al mondo dei ragazzi e dei giovani, per i contenuti che esprime in riferimento alla componente religiosa della vita, specificamente come religione cattolica, per l’investimento di energie e mezzi da parte della Chiesa e degli Stati, merita d’essere considerato un contributo primario alla costruzione di una Europa fondata su quel patrimonio di cultura cristiana che è comune ai popoli dell’Ovest e dell’Est europeo.

3. Ben vengano, pertanto, iniziative come la vostra che, oltre a tener acceso l’interesse per il futuro dell’Europa, richiamano l’attenzione sui valori spirituali ed etici da trasmettere alle nuove generazioni, quale fondamento della loro formazione cristiana, culturale e civile. Occorre per questo ricercare forme di collaborazione e di aiuto reciproco in vista di un disegno d’insieme, entro cui le diverse situazioni locali possano trovare, anche per l’insegnamento della religione, punti di riferimento comuni.

Di tale disegno il Simposio ha tracciato il profilo, attendendo sia all’esperienza che alla normativa dei vari Paesi e Chiese particolari, agli ordinamenti degli Stati circa la scuola, alla condizione giovanile. I risultati del vostro lavoro, che avete debitamente riassunti e formulati in specifiche proposizioni, potrebbero essere riguardati come un’ottima base per una “carta” dell’insegnamento religioso europeo.

4. In questo vostro incontro, che conclude e corona il Simposio, mi preme sottolineare alcune esigenze ed istanze principali.

La prima di esse concerne i destinatari dell’insegnamento religioso, gli alunni, dai bambini e fanciulli dei primi livelli scolastici fino ai giovani studenti delle scuole superiori. Essi meritano la più grande attenzione, perché sono la ricchezza più vera dell’Europa, ne rappresentano il futuro. L’impegno per la loro formazione va, dunque, considerato l’investimento più prezioso e urgente da parte della Chiesa e delle istituzioni pubbliche. L’insegnamento della religione nella scuola offre, qui, un originale e specifico contributo, tanto più che in molti dei vostri Paesi la frequenza degli alunni, pur essendo frutto di libera scelta, raggiunge percentuali estremamente elevate. Gioverà ricordare che al centro di tale insegnamento sta la persona umana da promuovere, aiutando il ragazzo e il giovane a riconoscere la componente religiosa come fattore insostituibile per la sua crescita in umanità e in libertà. L’insegnante della religione si preoccuperà, pertanto, di far maturare le profonde “domande di senso” che i giovani portano dentro di sé, mostrando come il Vangelo di Cristo offra una vera e piena risposta, la cui inesauribile fecondità si manifesta nei valori di fede e di umanità espressi dalla comunità credente e radicati nel tessuto storico e culturale delle popolazioni d’Europa. Il processo didattico proprio della scuola di religione dovrà, quindi, essere caratterizzato da una chiara valenza educativa, volta a formare personalità giovanili ricche di interiorità, dotate di forza morale e aperte ai valori della giustizia, della solidarietà e della pace, capaci di usare bene della propria libertà.

Invito in particolare gli insegnanti di religione a non sminuire il carattere formativo del loro insegnamento e a sviluppare verso gli alunni un rapporto educativo ricco di amicizia e di dialogo tale da suscitare nel più ampio numero di alunni, anche non esplicitamente credenti, l’interesse e l’attenzione per una disciplina che sorregge e motiva la loro ricerca appassionata della verità.

5. La formazione integrale dell’uomo, meta di ogni insegnamento della religione cattolica, va realizzata secondo le finalità proprie della scuola, facendo acquisire agli alunni una motivata e sempre più ampia cultura religiosa.

Il Simposio ha documentato come sia diversificata nei vari Paesi la situazione dell’insegnamento della religione e in certa misura la stessa concezione della natura e finalità di tale insegnamento, in particolare per quanto riguarda il suo rapporto distinto e insieme complementare con la catechesi della comunità cristiana. Non è il caso di ridurre a uniformità quello che la situazione storica e la saggezza di scelte operate dalle Conferenze Episcopali hanno determinato nei singoli Paesi. È tuttavia opportuno che l’insegnamento della religione nella scuola pubblica persegua un comune obiettivo: promuovere la conoscenza e l’incontro col contenuto della fede cristiana secondo le finalità e i metodi propri della scuola e pertanto come fatto di cultura.

Tale insegnamento dovrà far conoscere in maniera documentata e con spirito aperto al dialogo il patrimonio oggettivo del cristianesimo, secondo l’interpretazione autentica ed integrale che ne dà la Chiesa cattolica, in modo da garantire sia la scientificità del processo didattico proprio della scuola, sia il rispetto delle coscienze degli alunni che hanno il diritto di apprendere con verità e certezza la religione di appartenenza. Questo loro diritto a conoscere più a fondo la persona di Cristo e l’interezza dell’annuncio salvifico da Lui recato non può essere disatteso. Il carattere confessionale dell’insegnamento della religione, svolto dalla Chiesa secondo modi e forme stabilite nei singoli Paesi, è, dunque, una garanzia indispensabile offerta alle famiglie e agli alunni che scelgono tale insegnamento.

Si dovrà particolarmente curare che l’insegnamento religioso conduca alla riscoperta delle origini cristiane dell’Europa, ponendo in evidenza non soltanto il radicamento della fede cristiana nella storia passata del continente, ma anche la sua perdurante fecondità, per gli sviluppi di incalcolabile valore -in campo spirituale ed etico, filosofico e artistico, giuridico e politico -a cui essa dà luogo nel cammino attuale delle società europee.

L’insegnamento della religione non può, infatti, limitarsi a fare l’inventario dei dati di ieri, e neppure di quelli di oggi, ma deve aprire l’intelligenza e il cuore a cogliere il grande umanesimo cristiano, immanente alla visione cattolica. Qui siamo veramente alla radice della cultura religiosa, che nutre la formazione della persona e contribuisce a dare all’Europa dei tempi nuovi un volto non puramente pragmatico, bensì un’anima capace di verità e di bellezza, di solidarietà verso i poveri, di originale slancio creativo nel cammino dei popoli.

6. Questo carattere culturale e formativo dell’insegnamento della religione ne qualifica il valore nel progetto globale della scuola pubblica. Al suo svolgimento sono chiamate a concorrere le diverse componenti del mondo scolastico, in primo luogo i docenti di religione, le famiglie e gli alunni che si avvalgono di detto insegnamento e le autorità responsabili.

Agli insegnanti di religione è doveroso, innanzitutto, dare atto dell’opera generosa e competente svolta a servizio delle nuove generazioni. Il Simposio ha sottolineato come non sempre i loro diritti siano adeguatamente rispettati. Chiedo, pertanto, alle autorità competenti che vogliano assicurare agli insegnanti di religione ciò che è loro dovuto sul piano anche giuridico e istituzionale, in ragione di una professionalità da essi condivisa con gli altri insegnanti, ed impreziosita dal tipo di servizio educativo che la loro disciplina comporta. Nel contempo esorto gli insegnanti di religione a svolgere sempre il loro impegno con la solerzia, la fedeltà, l’interiore partecipazione e non di rado la pazienza perseverante di chi, sostenuto dalla fede, sa di realizzare il proprio compito come cammino di santificazione e di testimonianza missionaria.

La fecondità dell’insegnamento della religione e la sua capacità di incidere nella mentalità e nella cultura di vita di tanti giovani dipendono in larga misura dalla preparazione e dal continuo aggiornamento degli insegnanti, dalla convinzione interiore e dalla fedeltà ecclesiale con cui essi svolgono il loro servizio, dalla passione educativa che li anima.

Mi preme rivolgere qui una parola anche agli insegnanti di altre discipline e alle benemerite associazioni cattoliche che operano nella scuola, perché favoriscano il compito del docente di religione mediante ogni opportuno collegamento tra l’insegnamento della religione e l’intero complesso delle materie scolastiche.

7. Incoraggio di cuore tutte le famiglie e, in particolare, i genitori cattolici, consapevoli oggi del gravoso compito educativo che è loro affidato, a scegliere l’insegnamento religioso per i propri figli e a rendersi, nello stesso tempo, responsabili e protagonisti, insieme ai docenti di religione e agli stessi giovani, del cammino di progresso di tale insegnamento.

Conoscendo l’animo dei ragazzi e dei giovani studenti, li invito a saper vedere nell’insegnamento della religione un fattore determinante della loro formazione.

La tensione verso i grandi ideali della libertà, della solidarietà e della pace, che sale dal cuore delle nuove generazioni europee, può trovare luce e forza nell’incontro con il Vangelo di Cristo e la fede della Chiesa, aprendosi a quella verità che dà senso pieno alla vita e favorisce il riconoscimento concreto della dignità inviolabile di ogni persona umana.

8. Ai responsabili sociali, in particolare alle autorità politiche dei singoli Paesi, la Chiesa esprime il fermo convincimento che l’insegnamento religioso, lungi dall’essere un fatto puramente privato, si pone come servizio al bene comune.

Nell’Europa dei diritti dell’uomo e del cittadino, la realizzazione di tale insegnamento garantisce fondamentali diritti di coscienza, che sarebbero feriti da ogni forma di emarginazione e svalutazione. È doveroso, pertanto, che siano chiaramente definite norme legislative e ordinamenti istituzionali tali da assicurare - sul piano della presenza, degli orari e dell’organizzazione scolastica - le condizioni per un effettivo e dignitoso svolgimento dell’insegnamento della religione nella scuola pubblica, secondo il principio della sua pari dignità culturale e formativa con le altre discipline, che non è affatto in contrasto col rigoroso rispetto della libertà di coscienza di ciascuno.

9. Vi sono, infine, altri aspetti da considerare in prospettiva europea e che interessano direttamente l’insegnamento religioso. Ne ricordo almeno tre.

Dopo lo sfaldamento dei blocchi, ci troviamo di fronte ad una inedita sfida umana e culturale, oltreché cristiana, che non possiamo disattendere: le Chiese dell’Europa centrale e orientale, che devono nuovamente impostare l’insegnamento religioso nelle scuole pubbliche, da cui furono pressoché escluse per tanto tempo, hanno certamente bisogno di confrontarsi con l’esperienza di altri Paesi europei, ricevendo generosa solidarietà in ordine alla formazione dei docenti e alla predisposizione di idonei mezzi e strumenti didattici.

Nell’edificazione dell’Europa assume grande valore il cammino ecumenico. Anche l’insegnamento della religione, svolto con attenzione e apertura alle tematiche ecumeniche, può offrire alla gioventù europea un valido contributo per la conoscenza reciproca, il superamento di pregiudizi, l’impegno per la ricerca sincera dell’unità voluta dal Signore.

Una forte domanda e insieme un richiamo vengono al continente europeo dall’immigrazione di genti di altri continenti, bisognose di accoglienza e solidarietà, ma anche portatrici di valori culturali e spirituali che l’insegnamento della religione non può trascurare, sia per l’universalità del fatto cristiano, sia per i concreti problemi di convivenza che si pongono.

10. Nel vostro Simposio avete prospettato la possibilità di periodici incontri, analoghi a questo. Non posso che plaudire e incoraggiare tale impegno. Voi ricordate l’invito di Gesù: “Levate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura” (Gv 4, 35). Anche nel vostro lavoro può trovare applicazione il detto citato nella circostanza da Gesù: “Uno semina e uno miete” (Gv 4, 37). Voi però siete convinti che il ruolo a cui ciascuno è chiamato resta, in fondo, secondario rispetto a quel “frutto per la vita eterna”, del quale possono godere insieme “chi semina e chi miete” (Gv 4, 36). Questa gioia io vi auguro di cuore!

Carissimi, nella vostra quotidiana fatica a servizio della fede, della scuola e della gioventù, vi accompagni la mia benedizione apostolica, propiziatrice della luce e della grazia che viene da Dio.

 

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