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OMELIA DI PAOLO VI

Martedì, 4 ottobre 1966

 

Fratelli, Figli, Signori,

Che avete accolto il Nostro invito a pregare per la pace, meditate un istante con Noi le ragioni che Ci inducono a questo atto spirituale. Noi le abbiamo esposte nella Nostra Lettera Enciclica «Christi Matri», ma giova qui richiamarle brevemente per dare consapevolezza e vigore al momento religioso che stiamo insieme celebrando.

Noi Ci occupiamo ancora della pace. Non temiamo che la ripetizione di questa tema Ci faccia colpevoli di parole retoriche, o superflue. È il tema della pace un soggetto di inesauribile riflessione, perché si riferisce ad una realtà umana di sommo interesse, e sempre esposta alle più gravi e imprevedibili mutazioni. È tema che non dobbiamo mai stancarci dal considerare e dal trattare? perché esso riguarda il vorticoso gioco delle sorti dell’umanità.

MERAVIGLIOSA CONSONANZA DI POPOLI: IL GRANDE RICORDO DEL VIAGGIO ALL'ONU

Lo scorso anno, proprio in questo giorno, Noi avemmo l’onore di dire una Nostra parola di pace davanti alla Istituzione mondiale più autorevole e più qualificata per promuovere e per salvaguardare la pace nel mondo, l’Organizzazione delle Nazioni Unite, residente a New York; ancora siamo grati per l’invito che Ci procurò l’occasione di portare il Nostro fraterno messaggio ai Rappresentanti delle Nazioni, colà radunati; ancora pensiamo con gaudio e con stupore alla meravigliosa corrispondenza, non mai prima d’allora celebrata con pari evidenza e con pari solennità, dello scopo supremo di quel sovrano consesso con l’umile, gaudiosa, perenne voce del nostro Vangelo, l’uno e l’altra singolarmente, misteriosamente consonanti nell’identica parola «pace»; ancora rinnoviamo il ricordo di quello storico e commovente momento per rinnovare l’augurio, che fu allora di tutti - il mondo ascoltava, pensava e plaudiva -: regni la pace nel mondo; non più la guerra, non più! Non più rivalità e contese e sopraffazioni ed egoismi; ma la fratellanza universale, nella giustizia e nella libertà.

Lo rinnoviamo, sì, il Nostro augurio, anzi il Nostro grido di pace, oggi, perché tutti sappiamo quanto ne sia grande il bisogno, quanto ardente il desiderio, quanto difficile il conseguimento. Dovremmo rinnovarlo con dolore: dallo scorso anno a questo le condizioni della pace nel mondo non sono migliorate. Lo ha detto anche un testimonio qualificato in ragione del suo alto ufficio, il Segretario Generale delle Nazioni Unite, nell’introduzione al suo rapporto annuale: «La situazione politica internazionale non è migliorata». Sappiamo tutti anzi quanto sia delicata, e quanto siano purtroppo fondati i timori di un successivo aggravamento. Lo abbiamo detto nella Nostra Enciclica.

GIAMMAI PERDERE LA CERTEZZA NELLA CAUSA DELLA PACE,
NÉ LA FIDUCIA DI POTERLA CONSEGUIRE

Ma Noi soggiungiamo che non dobbiamo essere delusi. Che le ascensioni umane verso le vette della civiltà abbiano momenti di incertezza, di stanchezza e di difficoltà non deve fare meraviglia. Conosciamo la complessità dei problemi della convivenza umana. Conosciamo la debolezza dell’uomo. E che l’uomo, ad un certo punto del suo difficile cammino, senta la tentazione di fermarsi e di retrocedere; di andare avanti con le parole e di andare indietro con i fatti, fa dolore, ma non stupore. Così l’uomo; non solo debole, ma spesso incoerente; più fiducioso in un suo calcolo particolare ed empirico, che non fondato sopra la bontà delle idee grandi, umane, vere e progressive. E se così procede, oscillante e intermittente, il passo dell’uomo verso la pace, noi non dobbiamo perdere la certezza nel merito della causa della pace, né il coraggio per continuare a difenderla ed a promuoverla, né la fiducia di poterla in ogni caso conseguire. Noi dobbiamo sempre sostenere che la pace è possibile. Noi dobbiamo sempre fare ogni sforzo per renderla possibile.

Quali sono perciò i pensieri, che facciamo sorgere nei nostri spiriti in questo momento sacro alle loro più alte espressioni? Il primo pensiero, il primo proposito, è quello della perseveranza nel cercare la pace. Bisogna che l’umanità resti fedele alla grande idea concepita dopo l’immane tragedia della guerra: dobbiamo tutti, dobbiamo sempre cercare la pace; la pace per tutti. E se all’inizio di questa formidabile risoluzione fu la straziante esperienza della guerra, fu la paura, fu il terrore della sua ripetizione e delle sue moltiplicate e apocalittiche proporzioni, oggi dovrebbe piuttosto essere l’amore a sostenere tale risoluzione, l’amore per tutti gli uomini; l’amore della pace, diciamo, ancor più che il timore della guerra. E l’amore è fecondo di questi principi e di quelle idee, che generano la vera pace: cioè la fratellanza, la giustizia, la libertà, la collaborazione, la generosità.

I VERI PENSIERI DELLA PACE LA RENDONO DESIDERABILE E SINCERA ANZITUTTO NELLE COSCIENZE

Il che Ci suggerisce un altro pensiero, un altro proposito: noi tutti dobbiamo educarci alla pace, dobbiamo alimentare quelle «cogitationes pacis» (Jer. 29, 11), quelle idee che la rendono desiderabile e sincera, e la stabiliscono, ancor prima che nella politica e nell’equilibrio esteriore, nella profondità delle coscienze, nella mentalità dell’uomo moderno e nel costume del popolo civile. Dobbiamo, a questo riguardo, osservare come l’idea della pace, nonostante tutto, progredisca nella coscienza, se non sempre nell’attività, del mondo contemporaneo: ecco che si va vanificando la equivoca propaganda, che cerca di strumentalizzarla a scopi diversi, che non sia l’ordine fondato sul rispetto dei diritti della persona umana e dei popoli liberi; così si va diffondendo l’intima persuasione che la pace vera e duratura non può essere basata sulla potenza di armi micidiali, né sulla tensione statica di ideologie contrastanti; e si va invece formando il concetto positivo della pace: la pace non è pacifismo imbelle, né egoismo gaudente, né indifferente disinteresse dei bisogni altrui; ma piuttosto frutto di uno sforzo pratico, continuo e concorde per la costruzione d’una società locale e universale, fondata sulla solidarietà umana nella ricerca di un bene per tutti comune. E guardando ai più grandi bisogni dell’umanità ed insieme ai più grandi pericoli per la sua contestabile tranquillità, la pace, Noi abbiamo detto, oggi si chiama sviluppo; sviluppo dei popoli che hanno ancora bisogno di troppe cose necessarie alla vita, e che costituiscono tuttora grande parte del genere umano.

Se così è, un altro pensiero ci sorprende, un altro proposito nasce negli animi nostri. La pace è difficile! Cosa grande, cosa necessaria, cosa tanto cercata e servita; ma cosa difficile, estremamente difficile. Però Noi dicevamo testé: non impossibile. Perché non impossibile? bastano le forze umane a procurarla, a mantenerla? Preferiamo in questo momento non dare esauriente risposta a questa angosciosa questione, che involge le tesi più ardue del pensiero e della storia, per concludere semplicemente con l’applicazione d’una parola di Cristo alla soluzione del terribile problema: se «questo è impossibile all’uomo, tutto è possibile a Dio» (Matth. 19, 26). Questa parola dà ragione dell’atto che stiamo compiendo: la preghiera per la pace. Esso trova la sua logica nella fede; nella fede cioè che l’uomo non è solo nel conseguimento dei suoi destini, e che una virtù potente e paterna può innestarsi nello svolgimento delle sue decisive vicende, la Provvidenza, l’aiuto di Dio, l’amore che scende dal Cielo, la bontà vittoriosa del Padre celeste per l’umana salvezza.

«TUTTO È POSSIBILE A DIO»: A LUI LA PREGHIERA DELL'UMANITÀ ANSIOSA DI PACE RESPONSABILE NELLA GIUSTIZIA

Sì, pregheremo con fede, per la pace, specialmente nell’estremo Oriente; una pace che assicuri la libertà e la prosperità a quelle popolazioni, e che la trattativa leale ed umana, non la sopraffazione dell’insidia o della forza, renda possibile. E pregheremo per quanti altri focolai di lotte e di odio turbano la civile convivenza nel mondo. Pregheremo per quanti con pazienza, con sapienza, con lealtà, uomini ed istituzioni, lavorano per instaurare e promuovere la concordia e la pace fra gli uomini. Pregheremo con voi qui presenti, fedeli e cittadini di Roma, dove la pace civile si è fatta universale e cristiana, e con tutti coloro che hanno accolto il Nostro invito di invocazione religiosa e di elevazione spirituale, in favore della pace, fiduciosi che il coro delle voci della Chiesa cattolica e delle altre confessioni cristiane e non cristiane, anzi di tutti gli uomini di buona volontà, coro oggi solidale nel desiderare una pace, responsabile nella giustizia, di cui Dio è vindice e garante, muoverà le migliori energie morali, che sono ancora nel cuore dell’umanità, e otterrà dal Cielo ciò che gli uomini con le loro sole forze non sanno conseguire. E pregheremo con la voce purissima, dolcissima, fortissima di Colei, che recò al mondo il Salvatore, il Principe della pace; pregheremo cioè associando alla nostra afflitta e immeritevole preghiera l’intercessione di Maria, la donna del più alto amore, la madre gaudiosa e dolente d’ogni umana vicenda, la Regina della pace, Maria; e la nostra speranza rifiorirà invincibile.

                                      



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