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LETTERA DI GIOVANNI PAOLO II
AL VICARIO DELLA SOCIETÀ SALESIANA
DI SAN GIOVANNI BOSCO

 

Al Reverendissimo Sacerdote
don GIOVANNI E. VECCHI
Vicario della Società Salesiana
di S. Giovanni Bosco

1. Mi è particolarmente gradito far giungere a Lei e a tutti i Confratelli salesiani, in particolare a quanti si trovano riuniti per la celebrazione del 24° Capitolo Generale della Congregazione, il mio cordiale e beneaugurante saluto.

Come non pensare, in questo momento, anzitutto al compianto don Egidio Viganò, che per tanti anni è stato Rettore Maggiore della Congregazione salesiana? A lui rivolgo con commozione il mio grato pensiero, ricordando l’impegno profuso nel diffondere la saggezza rinnovatrice del Concilio Vaticano II, sia nella Società di san Francesco di Sales, sia nei più vasti ambiti della Chiesa, prendendo attivamente parte, in varie occasioni, ad importanti e grandi assise ecclesiali.

Mentre faccio memoria del suo fedele servizio ecclesiale, prego il Signore perché gli conceda la pace nel suo Regno e infonda nell’intero Istituto un rinnovato spirito apostolico e missionario in vista dell’ormai imminente terzo millennio cristiano.

2.

Nella prospettiva del Grande Giubileo si colloca pure codesto Capitolo Generale, tappa di fondamentale importanza nella vita della Congregazione. Ogni Capitolo Generale ha sempre un duplice scopo: da una parte, quello di ripercorrere il sessennio passato, per valutare l’impegno posto dalle varie comunità nella realizzazione di quanto era stato determinato dal precedente Capitolo e, dall’altra, quello di progettare, alla luce dell’originale carisma, la vita della Congregazione per il sessennio che inizia. È infatti necessario non perdere mai di vista il carisma delle origini.

In tale contesto, la specifica vocazione educativa e pastorale della Congregazione salesiana, in questi anni di notevoli e rapidi mutamenti sociali e culturali, trova nel Capitolo l’occasione e gli strumenti per esprimersi a vantaggio dei giovani e dell’intera comunità cristiana, che attende un rinnovato impulso evangelico e missionario. Grande responsabilità, questa! In vista di ciò, mentre nella preghiera auspico per i Capitolari un lavoro proficuo, ricordo che il tema scelto per l’assemblea riveste un carattere di particolare urgenza nel contesto del mondo contemporaneo.

3.

Con la concretezza dell’educatore e con la lungimiranza del santo, don Bosco ha proposto ai suoi figli un obiettivo apostolico preciso: "Preparare onesti cittadini e buoni cristiani". La Congregazione salesiana ha certamente più volte riflettuto sul significato di tale parola, fino a farne un lemma, che ricorda agli educatori il cammino da percorrere e propone ai giovani, che usufruiscono dell’educazione salesiana nei differenti ambienti di attività, una sorta di sfida, capace di dar senso alla loro esistenza.

I frutti di simile impostazione educativa sono documentati in una storia ormai più che secolare. I Salesiani possono contare su tanti amici di don Bosco sparsi nel mondo intero, con denominazioni differenti, ma tutti collegati con il Santo dei giovani; possono contare sui numerosi Ex-allievi che guardano ancora al Padre e Maestro della loro giovinezza come ad un riferimento importante negli impegni di famiglia e nella presenza in società; possono contare sui Cooperatori che del loro Fondatore realizzano i sogni di educazione e di evangelizzazione, continuando e diffondendo lo spirito genuino di don Bosco e la spiritualità salesiana.

4.

Il riferimento a quanti domandano a don Bosco e ai suoi figli salesiani di essere aiutati a vivere come "onesti cittadini e buoni cristiani" mi offre ora l’occasione per una riflessione più esplicita circa il tema della presente assemblea capitolare: il rapporto Salesiani e laici.

Il mondo dei "laici" ha attirato negli ultimi anni speciale attenzione da parte del magistero della Chiesa e sono stati molti anche i miei interventi al riguardo, prima e dopo il Sinodo dei Vescovi dedicato appunto alla "vocazione e missione dei laici nella Chiesa e nel mondo". Nell’Esortazione Apostolica postsinodale Christifideles laici ho raccolto in maniera organica le esigenze e le prospettive nate in questi anni nella Chiesa, perché "la splendida "teoria" sul laicato espressa dal Concilio possa diventare un’autentica "prassi" ecclesiale" (n. 2). Accennando ai rischi a cui è esposta la testimonianza dei laici nel mondo di oggi, scrivevo: "Si possono ricordare due tentazioni alle quali non sempre essi (i laici) hanno saputo sottrarsi: la tentazione di riservare un interesse così forte ai servizi e ai compiti ecclesiali, da giungere spesso a un pratico disimpegno nelle loro specifiche responsabilità nel mondo professionale, sociale, economico, culturale e politico; e la tentazione di legittimare l’indebita separazione tra la fede e la politica, tra l’accoglienza del Vangelo e l’azione concreta nelle più diverse realtà temporali e terrene" (Ibid.).

5.

Alla scuola di don Bosco, che voleva "onesti cittadini e buoni cristiani", è possibile aiutare i fedeli laici a superare i due rischi appena ricordati. Nella loro tradizione, infatti, i Salesiani hanno strumenti efficaci per creare armonia ed equilibrio tra le varie esigenze della vita contemporanea.

Vorrei qui richiamare, in particolare, tre elementi.

Anzitutto: la capacità di accompagnamento educativo. La si qualifichi come assistenza, animazione, spirito di famiglia o in altro modo, sempre si tratta di attuare una "presenza tra i laici e la gente", che sia "stimolo per la crescita della persona in situazione", e conduca alla "ricerca insieme" del progetto da vivere. Di qui l’urgenza di comunità salesiane ricche, numericamente e spiritualmente, per essere pronte ad accompagnare tutti, rispondendo ad esigenze e bisogni. La collaborazione tra Salesiani e laici deve mirare a formare "comunità educative", in cui i doni personali siano condivisi per il bene di tutti. Chi può dimenticare la straordinaria capacità di don Bosco nel convocare attorno a sé tante persone in unità di intenti?

Il secondo elemento è costituito da un’organizzazione dinamica e agile delle forze: dei singoli in gruppi di interesse, in associazioni di impegno civile e religioso, e in vasto movimento educativo e spirituale. Ripeto qui quanto ho avuto già modo di affermare: la "tendenza ecclesiale all’apostolato associativo ha senza dubbio una genesi soprannaturale nella "carità" diffusa nei cuori dallo Spirito Santo (cf. Rm 5, 5 ), ma il suo valore teologico combacia con l’esigenza sociologica che nel mondo moderno porta all’unione e all’organizzazione delle forze per raggiungere gli scopi prefissi. ( . . .) Si tratta di unire e coalizzare le attività di coloro che si propongono di incidere il messaggio evangelico nello spirito e nella mentalità della gente che si trova nelle varie condizioni sociali. Si tratta di mettere in atto una evangelizzazione capace di esercitare un influsso sulla pubblica opinione e sulle istituzioni; e per raggiungere questo scopo si richiede un’azione svolta in gruppo e ben organizzata" (Udienza generale del 23 marzo 1994, n. 2). Don Bosco, in verità, è stato maestro nell’organizzazione delle forze, richiedendo a ciascuno quello che sapeva e poteva dare, e facendo convergere tutti verso obiettivi concreti, pratici, visibili.

Il terzo elemento su cui occorre far leva è la proposta spirituale che scaturisce dall’esperienza di don Bosco a Valdocco e che ha superato i confini della comunità salesiana. I laici oggi hanno bisogno di una profonda vita spirituale. È richiesta dai compiti che essi devono svolgere: crescendo gli impegni ed insieme gli ostacoli per la costruzione del Regno di Dio, si avverte l’esigenza di una approfondita interiorità apostolica. La cultura odierna ha bisogno di credenti convinti ed attivi, per essere nel mondo fermento di bontà e di bene. Per questo la formazione dei fedeli laici va posta tra le priorità su cui convergono gli sforzi della comunità. È la formazione che aiuta i laici nella scoperta della propria vocazione, fornisce loro i mezzi utili per maturare in continuità, li introduce nelle vie dello Spirito del Signore. Essa costruisce "quell’unità di cui è segnato il loro stesso essere di membri della Chiesa e di cittadini della società umana" (Christifideles laici, n. 59). "Una fede che non diventa cultura è una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta" (Ibid.).

6.

Don Bosco ha dato ampio risalto alla formazione spirituale, intesa come abilitazione a vivere tutta la propria esistenza, nelle diverse sue espressioni, alla presenza di Dio e nell’attiva costruzione del Regno. Una simile formazione preparerà i laici dei tempi nuovi a saper rispondere alle sfide inedite del nostro tempo per costruire un futuro ricco di speranza per l’intera umanità. I lavori della recente Assemblea del Sinodo dei Vescovi dedicata alla vita consacrata hanno ben messo in evidenza il rapporto esistente tra la spiritualità di un Istituto religioso e la spiritualità dei laici che ad esso ispirano la vita e l’attività. È in tale prospettiva che intende situarsi la riflessione dell’assemblea capitolare, la quale non mancherà di tracciare piste di cooperazione apostolica fra consacrati e laici, chiamati ad essere nel mondo testimoni coraggiosi del Vangelo.

Affido i lavori del Capitolo a Maria Ausiliatrice, che continua a vegliare sui sogni e sulle aspirazioni dei figli di don Bosco, impegnati, a volte anche con rischio personale, in territori di prima evangelizzazione. Lì soprattutto sarà possibile operare efficacemente pure con laici che non appartengono alla Chiesa cattolica, sempre che si sappia vivere in pienezza l’esperienza di don Bosco e riproporne integralmente sia il sistema educativo che lo spirito apostolico.

Nell’invocare su quanti si dedicano a così affascinante ed impegnativa missione la protezione di Don Bosco e dei Santi salesiani, invio di cuore, come segno di stima e di fiducia, una speciale Benedizione Apostolica a Lei, ai partecipanti al Capitolo Generale e a tutti i Confratelli delle varie comunità, come pure all’intera Famiglia salesiana.

Dal Vaticano, 31 Gennaio 1996, festa di San Giovanni Bosco.

GIOVANNI PAOLO II

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