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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AD UN PELLEGRINAGGIO DELLA SICILIA

Lunedì, 12 dicembre 1983

 

Signor Cardinale, venerati fratelli nell’Episcopato, carissimi siciliani!

1. La vostra presenza mi riporta immediatamente alle splendide ed indimenticabili giornate del 20 e del 21 novembre dello scorso anno 1982, durante le quali ho personalmente sperimentato non solo il vostro esultante affetto, ma, ancor più, l’ardente fede e la profonda adesione a Cristo e alla Chiesa, caratteristiche costanti ed esemplari degli abitanti dell’Isola del sole!

In quei due giorni ho avuto la gioia di incontrarmi con il venerato Arcivescovo di Palermo, il Cardinale Salvatore Pappalardo, al quale rinnovo in questa circostanza la mia stima per la sua instancabile, intrepida ed evangelica azione pastorale; con i vostri Pastori e con le varie componenti delle sante Chiese particolari di Sicilia.

Il mio è stato allora un pellegrinaggio pastorale nel cuore stesso della vostra terra, così carica di antichissima storia, ricca di molteplici valori umani e cristiani, ma anche lacerata e mortificata da contraddizioni di ordine economico e sociale.

La mia presenza - in particolare nella Valle del Belice - voleva essere un richiamo ai responsabili e a tutte le persone di buona volontà perché si adoperassero per affrettare i tempi della ripresa; voleva essere un invito a tutti i siciliani perché si impegnassero personalmente e responsabilmente per la promozione del bene comune, per il continuo ed effettivo rispetto della persona umana, per la vigile e amorevole attenzione alle necessità dei più piccoli, degli emarginati, degli “ultimi”; ma voleva essere anche una testimonianza di solidarietà e di incoraggiamento, nella comune riflessione di quello che la Sicilia è in se stessa, di quello che essa ha donato agli altri durante la sua lunga, plurisecolare vicenda storica, di quello che essa potrà offrire ancora di bene, di bello, di santo nella prospettiva del suo futuro. Venendo in mezzo a voi ho ricordato - e lo voglio ricordare oggi in questo nostro incontro - il vostro profondo senso religioso, che in modo speciale ha orientato e ispirato per secoli la vita familiare; la vostra innata capacità di donazione e di apertura verso gli altri, in particolare i sofferenti, i bisognosi; l’esemplare rispetto per la vita; il senso del dovere, dell’onore, dell’amicizia. Sono valori umani, che il cristianesimo -diffusosi fin dai primi tempi nella vostra isola - ha maturato, approfondito, integrato, elevato.

Voi oggi avete voluto restituirmi quella mia visita, per manifestarmi in tal modo la vostra gratitudine. Desidero dirvi il mio compiacimento per questo gesto così delicato, ma, ancor più, per il fatto che in tutto quest’anno, non solo nella Valle del Belice e nell’arcidiocesi di Palermo, ma anche nelle varie diocesi, le parole, che ho rivolto in quel viaggio ai vari gruppi di fedeli, sono state diffuse mediante gli strumenti della comunicazione sociale, lette, meditate e studiate, non solo dai singoli ma anche da gruppi di fedeli. Vi ringrazio per la vostra adesione al Magistero del successore di Pietro.

2. In questo pellegrinaggio voi intendete anche esprimere al Papa la vostra letizia per la recente elevazione agli onori degli altari di un figlio della vostra nobile e generosa terra: il nuovo beato Giacomo Cusmano, un autentico gigante della carità cristiana. Nato a Palermo nel 1834, laureatosi in medicina, e maturata la propria vocazione al sacerdozio, fu ordinato nel 1860. Si dimostrò veramente un sacerdote “per i poveri”. È nota la sua instancabile dedizione nell’assistere gli infermi, i bisognosi, i colerosi, i moribondi; esperienza che lo condusse a dare inizio all’Associazione del “Boccone del povero”, dalla quale sorsero le suore Serve dei poveri e i missionari Servi dei poveri. “Padre dei poveri” chiamavano il Cusmano i palermitani; ma il beato amava definirsi il “servo dei poveri”, nei quali, alla luce della fede, intravedeva il volto sofferente del Cristo.

Il beato Cusmano, che morì santamente nel 1888, assume oggi specialmente per la Sicilia un ruolo e un significato profetico. Egli insegna e proclama con tutta la sua vita, consumata nella donazione agli altri e nel totale disinteresse per sé, su quali basi si possa costruire il futuro della vostra regione. Di fronte alle gravi difficoltà, legate spesso a un contesto sociale che si trascina da secoli, ognuno può e deve impegnarsi “a mantenere una coscienza onesta, giusta, delicata, responsabile. Ognuno al suo posto si faccia promotore di giustizia, di fraternità, di generoso altruismo”: queste parole - che a Palermo ho rivolto alle Confraternite e ai Gruppi ecclesiali - ripeto oggi a voi con la stessa forza e con la stessa convinzione. La vostra Sicilia vuole, e ha il diritto di vivere, una vita concorde, serena, onesta! Certi fatti di barbara violenza, che provocano dolore, stupore e sgomento, offendono la dignità umana. Contro di essi occorre un’autentica mobilitazione delle coscienze di tutti. Come dicevo nel mio incontro con la folla dei giovani siciliani, occorre assumere “l’amore a fronte dell’odio e della violenza”!

3. Ma c’è soprattutto un altro motivo, che vi ha portati in pellegrinaggio a Roma: il Giubileo della Redenzione. Voi indubbiamente avete già acquistato l’indulgenza dell’Anno Santo Straordinario nelle vostre diocesi; ma avete voluto rendere anche una testimonianza pubblica e comunitaria venendo “ad limina Apostolorum”, per venerare le tombe degli Apostoli e dei Martiri e per dare un’ulteriore prova del vostro vincolo di amore e di fede, che vi unisce al Capo visibile della Chiesa, il Romano Pontefice.

Auguro a tutti voi qui presenti, come pure a tutti i siciliani residenti nell’isola o sparsi per il mondo, che questo sia un Anno veramente Santo, cioè un tempo privilegiato di grazia e di salvezza; un tempo in cui ognuno realizzi il rinnovamento in Cristo, la riconciliazione con Dio e quel mutamento di spirito, di mente e di vita che nella Bibbia è chiamato “metànoia”, conversione. Tale atteggiamento - ho detto nella Bolla di indizione del Giubileo - “è suscitato e alimentato dalla Parola di Dio, che è rivelazione della misericordia del Signore, si attua soprattutto per via sacramentale e si manifesta in molteplici forme di carità e di servizio ai fratelli” (Giovanni Paolo II, Aperite portas Redemptori, 5).

Ritornando nella vostra isola, portate ai vostri cari, ai vostri bambini, ai vostri amici questo messaggio di fede e di speranza!

Affido voi e tutti i siciliani alla celeste protezione dei vostri santi e delle vostre sante, in particolare della Vergine santissima, la “Bella Madre”, verso la quale nutrite esemplarmente un’intensa e tenera devozione. E concludo rivolgendovi le stesse parole, con cui mi accomiatavo, in Piazza Politeama di Palermo, dalla immensa folla dei giovani, prima del mio ritorno a Roma la sera del 21 novembre 1982: “Coraggio! Benedico in voi il futuro della vostra vita e della vostra terra di Sicilia! Carissimi, voglio dirvi altre tre parole: grazie; arrivederci; sia lodato Gesù Cristo!”.

Con la mia benedizione apostolica.

 

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