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EPISTOLA
CUM IN CATHOLICAE
DEL PAPA BENEDETTO XV
AL R. P. FRANCESCO KORDAC,
ARCIVESCOVO DI PRAGA,
SULLA RICHIESTA DA PARTE DI ALCUNI SACERDOTI
DI ABOLIRE O MITIGARE
LA LEGGE SUL CELIBATO ECCLESIASTICO

 

Venerabile Fratello,
salute e Apostolica Benedizione.

Avendo notato che costì si preparano temerarie imprese contro l’integrità del cattolicesimo, il giorno 3 di questo mese ti inviammo, Venerabile Fratello, una lettera con la quale esortavamo te e i tuoi degni confratelli nell’Episcopato a riunirvi per escogitare e scegliere i rimedi più idonei contro i mali. Ma non appena avevamo spedito la lettera, fummo informati che voi stessi, sospinti da quello zelo pastorale che nei Vescovi Boemi rifulse in ogni tempo, vi eravate riuniti per dirimere quelle stesse questioni che Noi avevamo suggerito, nella Nostra lettera, di prendere in seria considerazione. Da questa coincidenza di decisioni traemmo non poca soddisfazione poiché parve lecito constatare una sempre più stretta unione di voi tutti con la Sede Apostolica. E invero, come spesso accade che tristi vicende subentrino ad altre liete, così ricevemmo tosto la notizia che non pochi sacerdoti boemi, travolti da crisi di coscienza, avevano sciaguratamente abbandonato la Chiesa di Gesù Cristo. Abbiamo tanto più deplorato questo caso tra tutti il più miserabile, quanto più era necessario che il Padre fosse turbato dalla perdita di figli che a lui erano stretti dal particolare vincolo del sacerdozio; ma consci del dovere apostolico, non avemmo alcun dubbio di applicare urgentemente le norme del diritto canonico nei confronti dei sediziosi, e abbiamo per certo che già ora ti sia pervenuto il decreto di questa Suprema Sacra Congregazione del Santo Uffizio in cui si dichiara che i medesimi temerari ecclesiastici sono privati delle grazie della comunione cristiana. Sappiamo perfettamente che il numero dei sacerdoti che si sono separati dall’unità della Chiesa è di gran lunga inferiore al numero di coloro che restano fedeli alla loro missione; ma non ignoriamo quali e quanto gravi danni e pericoli sovrastino la compagine di tutto codesto clero. Perciò lodiamo e approviamo caldamente le decisioni che avete preso nel convegno da voi disposto, e soprattutto quella che prevede lo scioglimento dell’Associazione Generale del Clero comunemente detta « Jednota » e il divieto di fondare associazioni diocesane prima che siano opportunamente salvaguardati i diritti dell’autorità episcopale. Affinché rimanga intatta la disciplina ecclesiastica, è strettamente necessario che il clero, anche se associato, rimanga sotto l’autorità e la vigilanza dei Vescovi che hanno il dovere di guidarlo e di governarlo. Inoltre è superfluo ripetere ancora che la Sede Apostolica non consentirà mai sia l’innovazione della Chiesa in senso popolare, sia l’abrogazione o l’attenuazione della legge sul celibato di cui la Chiesa latina si gloria come di una insigne distinzione.

Frattanto siamo lieti, Venerabile Fratello, di congratularCi vivamente con te e con i tuoi confratelli in quanto la condotta di tutti voi ha confermato che Noi a buon diritto abbiamo confidato nella vostra solerzia e nel vostro impegno. Infatti vi siete dimostrati talmente avvinti alla Cattedra di Pietro e talmente zelanti e intrepidi nella difesa del cattolicesimo, che possiamo ben dire che voi siete stati all’altezza di eventi tanto avversi; perciò la Nostra benevolenza verso di voi è stata mirabilmente sollecitata e accresciuta.

Volesse il cielo che alla fortezza d’animo di tutti voi corrispondesse la costanza dei sacerdoti e della popolazione che governate, in modo che la Chiesa presso di voi possa quanto prima godere di più prospere fortune! E invero desideriamo che il clero ricordi quanto nobile e sacrosanto sia il servizio sacerdotale a loro affidato dalla benevolenza divina, e inoltre quanto debba precedere, con l’esempio, i fedeli, senza allontanarsi mai, in nessun caso, dall’osservanza del dovere. Infine, quei miserevoli sacerdoti che abbandonarono la via della salvezza, odano i Nostri paterni lamenti e le Nostre esortazioni; ritrovino se stessi, di grazia, e considerino verso quale rovina corrano, come ciechi. Sappiano inoltre che Noi non desisteremo mai dal supplicare Colui di cui siamo vicari, affinché, represse ed estinte le passioni, essi ritornino nell’abbraccio della sua santa fede, della quale furono consacrati ministri. Frattanto, come auspicio dei doni celesti e come testimonianza del Nostro paterno amore, a te, Venerabile Fratello, a tutto il clero e al popolo affidato a ciascuno di voi, impartiamo con grande affetto nel Signore l’Apostolica Benedizione.

Dato a Roma, presso San Pietro, il giorno 29 gennaio 1920, nel sesto anno del Nostro Pontificato.

 

BENEDICTUS PP. XV

 

 

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